LETA, DULCIZIA
e IRENE

Tre donne tropeane in carriera

di Pasquale Russo
 
 


Le origini delle diocesi della Calabria è un problema non ancora risolto, soprattutto per la mancanza di fonti credibili e specifiche, che rende difficile ricostruire la progressiva formazione delle istituzioni ecclesiastiche nella Terra Bruttiorum (l'attuale Calabria).
Alla mancanza di fonti credibili però fa riscontro una vasta agiografia, che ha alimentato ricostruzioni fantasiose che fanno risalire la predicazione e la nascita di comunità cristiane e, in aluni casi, la presenza del vescovo, all'età apostolica: dal Barrio in poi agli Apostoli o a loro discepoli veniva attribuita l'origine del cristianesimo. Anche in tempi più vicini a noi (1945) si ritenne che già nel III secolo c'erano nuclei cristiani in Calabria.
In realtà è certo che prima del III secolo non vi furono in Calabria nuclei cristiani. Perciò non sono da ritenersi appartenenti alla Terra dei Bruzi alcuni papi di cui nel Liber Pontificalis si dice "natione graecus", intendendo questa espressione come calabro, perchè il Liber Pontificalis non è storicamente attendibile. Non ci sono ragioni sufficienti per ritenere cristiane alcune epigrafi del III/IV secolo, che finora venivano interpretate in senso cristiano.
Lo stesso problema di autenticità si pone per i presunti martiri reggini, per quelli argentanesi e per quelli scillitani...la cui passio è priva di fondamenti storici, così come pure per Domenica di Tropea...Il martirologio geronomiano (della metà del V secolo) non fa alcun accenno a martiri calabresi dei primi secoli. E tuttavia bisogna riconoscere che questi martiri hanno finito per produrre l'identità religiosa di una comunità. Le prime notizie sicure sulla presenza del Cristianesimo in Calabria sono della seconda metà del IV secolo. Si tratta di tre iscrizioni con data consolare provenienti da 1) Taureana-354; 2) Tropea-360; 3) Locri-391.
L'iscrizione che riguarda l'area tropeana proviene dalla località Contura nel comune di Ricadi, ed è incisa su lastra opistrofica, essendo stata riutilizzata dall'altro lato nel 574. E' di imminente pubblicazione da parte di F. Costabile. Nel V secolo le testimonianze letterarie diventano più frequenti e si va sviluppando la costruzione di strutture monumentali a Vibo, Tropea...: è soprattutto nei centri costieri tirrenici che il reticolo dei distretti diocesani si infittisce, tanto che verso la metà del V secolo la cristianizzazione del Brutium può dirsi completa, tranne qualche isola rimasta pagana.
Tra la metà del V e il VI secolo l'organizzazione ecclesiastica è compiuta. E' proprio nel V secolo che va assumendo grande importanza la comunità di Tropea, per effetto palingenetico della presenza del vescovo, che andò assumendo responsabilità sociali e politiche all'interno della Massa tropeiana.


Tropea: Interno del complesso sepolcrale di Casa Toraldo (da P. Toraldo, 1934)

La ricchezza di vita cristiana a Tropea è testimoniata da una grande abbondanza di epigrafi: 35 della metà del V secolo (su un totale di 54 iscizioni paleocristiane in tutta la Calabria). Queste iscrizioni dimostrano la presenza di una comunità attiva e culturalmente vivace, anche per la presenza femminile importante. Il nucleo più consistente di queste epigrafi è custodito in casa Toraldo a Tropea, murate sulle pareti di una sala del palazzo gentilizio. Si tratta di epigrafi di carattere sepolcrale reperite nella località urbana detta della "Torre Lunga", vicino al castello tropeano, all'interno di una cripta cimiteriale a pianta rettangolare, datate al IV-V secolo. La scoperta avvenne fortuitamente nella seconda metà del secolo scorso. Il De Rossi pubblicò i resoconti dello scavo nel 1857 e nel 1877. Riportiamo tre delle interessantissime iscrizioni, di cui diamo anche la documentazione fotografica e la trascrizione.


B(onae) M(emoriae) S(acrum) Monses presbiter / qui vixit ann(is)
L m(ensibus) VIII d(iebus) IX cui /bene fecerunt fili(i)
 precessit / in pace die Kal(en)d(as) decembris.

1) Lastra di marmo bianco di cm. 185 x 82,7. Il presbitero MOSE', al quale i figli dedicano il sepolcro, è coniugato: una situazione normale nei primi secoli cristiani.


B(onae) M(emoriae) S(acrum) Leta Presbitera quae / vixit anni(is) XL m(ensibus)
VIII d(iebus) IX /quei bene fecit maritus / precessit in pace pridie / idus maias.

2) Lastra di marmo bianco di cm. 185 x 82. Leta è una donna prete, svolge il suo ruolo di pretessa e non, come è stato interpretato anche dalla Crispo, la moglie di un prete. E' inoltre una donna sposata: il marito le dedica il sepolcro.
Il prof. Otranto dell'Università di Bari interpreta correttamente in tal senso, e tenendo presente la lettera di Papa Gelasio con cui si ribadiva il divieto di sacerdozio alle donne, ipotizza il caso di una situazione trasgressiva legata alla eresia di Montano, suffragando questa ipotesi con il fatto provato della totale assenza di rapporti tra Roma e Tropea, che può essere addebitata alla presenza del sacerdozio femminile, che Roma appunto avversava.
Si tratta comunque di un caso di eccezionale rilevanza, sia in rapporto alla situazione antica, sia in rapporto alla situazione attualmente agitata all'interno delle chiese cristiane.


B(onae) M(emoriae) S(acrum) fideli in Xr(ist)o Ihesum /
Hireni que vixit annis LXV m(ensibus) VII / d(iebus) X cui bene
fecit vir eius precessit fi / delis in pace deposita XVIII
Kal(endas) Maias / que fuit conduct(rix) M(assae) Trapeianae.

3) Lunga lastra di marmo bianco rotta in più parti, di cm. 150 x 82. Questa epigrafe è il più antico documento con riferimento a Tropea, richiamata nel ricordo funebre di una Irene conduttrice della Massa tropeana.
Una donna, Irene, è conduttrice della massa tropeana. Anche più tardi, nel 558, in una lettera di Papa Pelagio al suddiacono Matteo, appare ancora una donna, Dulcizia, conduttrice, della Massa tropeana.
Il conductor è superiore ai coloni o rustici: è colui che è addetto alla loro sorveglianza e a quella della circoscrizione, per raccogliere le entrate in natura o in danaro dovute dai rustici; è un esattore. Le proprietà ecclesiastiche erano distinte in circonscrizioni costituenti il patrimonium, che era diviso in massae, a loro volta frazionate in fondi, che corrispondevano ai pagi o vici d'età romana. Pertanto la massa tropeana qualifica un insediamento rurale.
Papa Gregorio Magno, con una sua lettera del 27.9.591 assegna al monastero di S. Arcangelo in Tropea, sulla collina di S. Angelo, beni che appartenevano al patrimonio di S. Pietro.
Anche a Nicotera esisteva una massa nicoterana, da cui, analogamente a quanto è successo a Tropea, dal IV secolo in poi, si sono sviluppate le diocesi di Tropea, di Nicotera e i centri vicini.
La massa ha origine dal trasferimento di patrimonio imperiale, ma anche privato, in patrimonio ecclesiastico. E' un fenomeno legato al mondo rurale, che si trasforma in realtà urbana col vescovo e l'istituzione diocesana.
Il passaggio del patrimonio è avvenuto in epoca costantiniana. Va inoltre tenuto presente che in età tardo-antica sul promontorio Vaticano ci fu una concentrazione di Villae e insediamenti che denotano una concentrazione della proprietà imperiale, ma anche senatoria e dei membri dell'oligarchia locale. La villa poi era un luogo di raccolta e di intermediazione tra produzione e mercato. Frequentemente la villa diventa il fulcro di un villaggio ove dimorano i contadini.
L'evoluzione avviene dalla villa, al vicus, al villaggio. Nell'età tardo-antica i vici furono un elemento molto importante. Tropea è un vicus che si è andato trasformando all'interno di una massa.
In conclusione bisogna ritenere che il cristianesimo toccò le sponde della Calabria nel I secolo, con Paolo. Tuttavia le linee di sviluppo che si riesce a cogliere dalle fonti frammentarie ci porta a considerare poco penetranti i primi rapporti, prima del IV secolo.
La nuova fede rispettò e perpetuò le peculiarità del Bruttium: il bilinguismo e il carattere rurale. Appare anche con chiarezza che i vescovi bruzi non escono generalmente dai loro confini. E' del 649 il 1° atto ufficiale in cui compare il nome di un vescovo di Tropea, Giovanni, che partecipò al sinodo di Papa Martino.
Le comunità cristiane che si sono formate non ci hanno lasciato traccia prima del IV secolo. Ci restano 54 epigrafi paleocristiane di cui ben 35 a Tropea. Appare inoltre chiaro che la chiesa bruzia ha come riferimento la chiesa di Roma, ma non è chiusa ad influenze sia orientali che nordafricane.
Tra il VII e l'VIII secolo avviene la bizantinizzazione della chiesa calabrese e il suo passaggio alla obbedienza costantinopolitana. Non mancano d'altra parte riferimenti epigrafici africani (a Tropea e a Ricadi), oltre che verso usi liturgici della chiesa d'oriente. Le origini del cristianesimo e lo sviluppo delle istituzioni ecclesiastiche a Tropea è forse più documentato che altrove in Calabria, e tuttavia si spera che successivi contributi da parte degli archeologi possano far luce sulla vita della prima comunità, sui suoi usi, sul culto e sulle dinamiche interne, non ultimo, sul ruolo della donna sia all'interno dell'attività economica (cfr. Irene), sia nell'esercizio del culto (Leta presbitera).