I L   F I L M  D I   L E T T E R I N A

Sequenze dal film 'In Italia si chiama amore' - Episodio di Letterina, girato a Briatico

di Franco Vallone




Il regista Virgilio Sabel

Il 29 marzo del 1963 nelle sale cinematografiche italiane usciva, distribuito da Cineriz, "In Italia si chiama amore" un film del regista torinese Virgilio Sabel. Nello stesso anno il film viene proiettato anche in Argentina con il titolo "En Italia lo llaman amor". Un film drammatico, del genere documentario, una vera e propria inchiesta che racconta delle vicende dell'amore della provincia italiana. Un curioso itinerario nel costume amoroso nazionale tra innamoramento, cortometraggio e amore, che affronta anche le tematiche del matrimonio, della gelosia, del tradimento e dell'amore non corrisposto.
Il film è tratto da un'inchiesta giornalistica di cronaca di Italo Dragonesi pubblicata in un volume, nello stesso anno dell'uscita del film, per le edizioni Aro di Roma. Voce commento fuori campo, di questo interessante film documentario, è il grande attore Nino Manfredi, allora ancora sconosciuto al grande pubblico. Il commento del film viene definito "... garrulo e fastidiosetto" dal critico cinematografico Filippo Sacchi sul settimanale Epoca, che così scrive: "(...) Sabel ha preso addirittura una filza di fatterelli di cronaca, in prevalenza comici, boccaccevoli e curiosi, e ne ha cavato una specie di album di barzellette, non senza, qua e là, sprazzi di osservazione sul nostro costume amoroso nazionale, che arrivano sotto pelle". La trama del film, in quegli anni, viene così presentata: "un'inchiesta giornalistica su alcuni particolari aspetti della vita italiana ora filmata, passa in rassegna una rosa di episodi consacrati dalla cronaca: un giovanotto calabrese che sposa una vecchietta di 70 anni, uno sposo siciliano che per una inesistente colpa della moglie la sfregia, l'amore non corrisposto di un attempato signore che corteggia una giovane donna da circa trent'anni, un reato di adulterio scoperto da un giovane sposo non appena rimesso in libertà da Regina Coeli e le confessioni di Hanna Rasmussen".
Il film, suddiviso in episodi, prodottto da Mario Mariani per Cinex, vietato allora ai minori di quattordici anni, dura ben 105 minuti ed è stato girato tra il 1960 e il 1961 in varie zone d'Italia. La scenografia del film è di Giorgio Giovannini, la splendida fotografia di Oberdan Troiani e il montaggio di Jolanda Benvenuti. I due episodi sulla tematica della gelosia, delle irruenze e delle violenze che ne scaturiscono, sono stati girati in Calabria; un episodio a Reggio Calabria ed uno a Briatico, dove, come set cinematografico, solare ed esclusivo, gli autori scelsero la marina e l'antica torre di avvistamento, denominata la "Rocchetta".
Molti briaticesi ricordano ancora quel lontano periodo delle riprese del film.... Era l'estate del 1960, proprio l'inizio dei favolosi mitici anni Sessanta, e il regista Sabel, a fine agosto, andava in giro nei paesi, nelle campagne e nelle marine del circondario di Vibo Valentia con i suoi collaboratori e assistenti di produzione per cercare le facce giuste, i volti più interessanti, le figure e le comparse da utilizzare nel film, attori non professionisti presi sul campo tra pescatori, contadini e popolani. Oltre alle comparse, anche alcuni degli attori principali furono presi dalla strada in tutto il circondario, a Briatico, Vibo Marina e Pizzo, scelti da Sabel per avvicinarsi il più possibile alla realtà. E' il caso della mitica Letterina Maria De Lorenzo, una signora, esile e smilza, che successivamente e per tutto il resto della sua vita, si portò addosso il titolo di attrice. Anzi, il film intero, "In Italia si chiama amore", per i briaticesi, diventò e rimase alla mente come "il film di Letterina". La De Lorenzo, nata a Briatico il 9 maggio del 1897, nella sua parte doveva recitare e rappresentare una donna contesa tra due anziani uomini e far scatenare la gelosia dei due pretendenti. Una gelosia che sfocerà in rabbia, in violenza, in sfida all'ultimo sangue per la conquista della donna.
Il sottofondo musicale del film, con scacciapensieri stile siciliano tra le musiche originali di Armando Trovajoli, la dice lunga sul significato dell'episodio che parte con il commento recitato da Nino Manfredi: " Nel paese dei bruni, voi lo sapete bene, quello che conta, più di ogni cosa, è la virilità, il sesso. L'italiano che non possiede certo da giovane la virtù della riservatezza, più diventa vecchio e più si sente fiero che va ancora forte, che è ancora maschio".
Sono ancora in molti, nel circondario di Vibo Valentia, a ricordare Virgilio Sabel. Il regista era nato in Piemonte, a Torino, nel 1920. Verso la fine degli anni Cinquanta, innamoratosi del paesaggio di Ricadi, in Calabria, visitato in occasione della realizzazione di un cortometraggio, fece costruire una casa, ristrutturando una tipica pagghialora, sul promontorio di Capo Vaticano, trasferendovi anche la residenza. Da lì il "torinese", come veniva chiamato, continuò la sua attività di regista e sceneggiatore. L'amore per questi luoghi incantevoli, a strapiombo sul mare, Sabel lo manifestò fino alla fine dei suoi giorni. Infatti, quando il 7 luglio del 1989 morì, venne sepolto nel piccolo cimitero di San Nicolò di Ricadi, accanto alla tomba dello scrittore Giuseppe Berto. Qualche tempo prima, dinnanzi ad un notaio, aveva nominato eredi di tutti i suoi beni quella che ormai da tempo chiamava la sua seconda terra: Ricadi. Nell'aprile del 2004 sulle pagine Cultura e Spettacoli de "Il Quotidiano", veniva pubblicato un articolo, di Domenico Mobilio, che informava di "un autoritratto di Ligabue lasciato in eredità dal regista al comune di Ricadi".
Sabel frequentava la zona di Capo Vaticano, la casa dell'amico Berto e la famosa baracca di Reginaldo D'Agostino, pittore, scultore, liutaio, musicista, artista completo di Spilinga. Per lo stesso D'Agostino, Sabel girò anche un documentario per la Rai. Deve essere rimasto davvero colpito da questo luogo così pieno di luce, e sapendo benissimo di poter prendere da quei fantastici colori solo un chiaruscuro in bianco e nero, lo arricchì con tantissime sfumature e tonalità, piene di quella luce speciale che solo il Sud sa dare ! Proprio con quella straordinaria e prorompente luce, con quel chiaroscuro, Sabel dichiarò il suo grande amore per la Calabria. La Rocchetta, rudere onnipresente nell'iconografia del paese, simbolo stesso di Briatico, testimonianza di antica storia e di storie antiche, assiste silenziosa, come un'icona sfuggita dai quadri del pittore Enotrio, al divenire della scena. La prima parte dell'episodio venne girata partendo dalla "macchina", la fabbrica dei Pannaci, antica industria di trasformazione per la lavorazione e la canditura dei fichi. Centinaia di botti, a pochi metri dalla battigia, testimoniavano ancora in quegli anni, nel Sessanta, la presenza della struttura. Poco più avanti, filari di alberi di pioppo accompagnano i due primi personaggi in scena. Oggi il paesaggio è cambiato: gli alti pioppi a due passi dal mare non ci sono più, così come l'antica fabbrica e gli scogli, denominati di Fora e del Mulino. Maestose pietre di calcare e granito, visibili anche a notevole distanza, scogli che si stagliavano cupi nell'azzurro del mare ed erano punto di riferimento per tutti i pescatori della zona. Oggi sono inglobati in un lungo molo frangiflutti che serve da riparo alle numerose barche in rada nella marina.
1963 - 2004: sono passati più di quarant'anni. "In Italia si chiama amore" con il suo nostalgico bianco e nero appare lontanissimo; ogni tanto lo si vede passare nel palinsesto di qualche emittente televisiva regionale o, come nel caso della penultima e dell'ultima messa in onda, nella programmazione più notturna di Rete 4 Mediaset, rispettivamente alle tre e alle quattro del mattino.
La mitica Letterina è ormai morta da qualche tempo (il 22 settembre del 1993), ma nel paese vivono ancora tantissimi testimoni che, allora, negli anni Sessanta, ancora giovani, hanno partecipato al film come comparse, figuranti o semplicemente come voce fuori campo. E' il caso di Antonio Francica, oggi giornalista di "Gazzetta del Sud", scelto per millecinquecento lire di allora a "gridare" con altri ragazzi, selezionati dalla produzione, quello che il regista Sabel suggeriva loro nelle scene più concitate del film. Ed ancora Vincenza Accorinti, Giuseppe Prostamo, Giuseppe Pandullo, Tommaso Prostamo, Anna De Lorenzo e tanti altri. Rosario Petrarca, recentemente scomparso, nel film recitò la parte del carabiniere che arrivava dalla battigia, correndo in divisa estiva color kaki sulla sabbia dell'assolata spiaggia di Briatico, tenendosi berretto e bandoliera con le mani. Egli raccontava che mentre era intento ad estirpare, in un orto situato vicino alla marina, delle piante di arachidi (era il tempo dell'annuale estrazione dalla terra della nocciolina americana), Sabel ed i suoi collaboratori lo videro e gli chiesero di lasciare subito tutto e di seguirli per una parte nel film e così fece. Ancora egli ricordava e raccontava quella bella esperienza con un sorriso ed un velo di nostalgia negli occhi. "Tanti soldi e abbondanti e succulenti pranzi ordinati ad un ristorante di Vibo Valentia, e portati a Briatico in caratteristici cestini per tutti i partecipanti al film".
Rocco De Leonardo, pescatore di Vibo Marina, ebbe una parte nel film, come anche suo padre Nicola di Bagnara Calabra, anche lui pescatore. Nicola impersonava uno dei due pretendenti di Letterina. L'altro pretendente, un uomo dall'aspetto gracile, era un certo Leonardo Trombino di Pizzo. Per quattro giorni e per 5000 lire al giorno per gli attori principali, qualche lira in meno per gli altri, tutti i prescelti attori calabresi parteciparono alle riprese del film.
Ed ora incontriamo uno dei protagonisti del film. Si chiama Rocco De Leonardo, come allora vive a Vibo Marina, abita ancora in una casa nei pressi della pineta, a due passi dal mare. Proprio di fronte, oltrepassata la strada, la pescheria di sua proprietà dal nome "Paradise". Ci riceve nella sua casa, ci racconta del film, apre il suo album della memoria personale e quello ingiallito e fotografico che racconta di mare, di pesci giganteschi visti una sola volta, di barche e pescherecci sempre più grandi dai nomi Paradise I e Paradise II, tanto per cambiare. Carla Marasco, giornalista de "Il Quotidiano", lo intervista cercando di far ritornare Rocco De Leonardo con la mente a quei favolosi anni sessanta. "... anni di stenti ma anche di ripresa economica con tanti sacrifici dopo il buio e le pene della guerra". Rocco oggi, in compagnia di una delle sue figlie, racconta con un sorriso carico di nostalgia della sua prima piccola barca; del padre, attore principale nell'episodio girato a Briatico; degli amici pescatori che hanno partecipato alle riprese. Ci confida di aver cercato inutilmente per quarant'anni il film, cercando in archivi cinematografici un nome diverso da Virgilio Sabel. Solo adesso, si spiega, come mai il film non è stato mai rintracciato.
Antonio Francica di Briatico ricorda quei giorni di lavorazione del film: "L'area venne transennata con dei paletti e delle strisce di stoffa colorata, chi non partecipava al film doveva rimanere fuori. Una signora briaticese ma residente da tempo nella Capitale, entrò in polemica con la troupe dicendo che a Roma le riprese cinematografiche venivano girate di notte per non creare disagi alla gente. La signora soleva fare il bagno proprio alla marina ma, per qualche giorno, dovette rinunciare".
Calabria, il Paese dei bruni, un paese dove i maschi sono maschi veri, dove la mascolinità viene esaltata dal colore della pelle, scura, bruna. Sabel racconta nel suo film - documento un episodio in riva al mare, in quella marina di Briatico che vide nel suo antico passato incursioni e battaglie. E' il mare della memoria e dei ricordi.
Attorno alla torre di avvistamento nacquero leggende legate a personaggi strani, a tesori nascosti, a galline dalle uova d'oro, a mitiche scoperte legate da vincoli millenari con giganti e cavalli fumanti, catene, pistole, serpenti, ossa di bambino neonato e tanti altri oggetti nascosti tra le mura e sotto il pavimento della torre, come ha scritto la giovane universitaria Giuseppina Prostamo nella sua tesi di laurea. Attorno a questo vetusto maniero, si riunirono i briaticesi scampati al terremoto del 1783 che distrusse completamente l'antico centro abitato di Briatico, allora a circa due chilometri nell'entroterra.
Rocchetta: torre di avvistamento, punto centrale della vita dei pescatori e luogo dove celebrare gli eventi principali. La sua ombra ha accolto tante feste e giornate ricche di quotidianità scandite dal lavoro, riti semplici e insieme straordinari. All'ombra di questa diruta torre, si sono svolti antichi mestieri come costruire barche, intrecciare corde con il tagliente "gutumu", pitturare imbarcazioni con i colori dai toni forti della tradizione locale, riparare reti e barche. Qui si battezzavano, per voto e per silenziosità religiosità, i guzzi e le altre barche di legno, segnando sulle fiancate colorate a strisce i nomi della devozione popolare. Nomi che ricordano i santi più venerati: Rosaria, Salvatore, santa Rita, Maria Immacolata, san Giuseppe, sant'Antonio, san Francesco, san Nicola, san Filippo, san Rocco e la Madonna Santissima del Carmelo. Pulire, intrecciare, pitturare, pescare..., pregare, sperare, lavorare, nominare, vivere, sognare... Ancora oggi il mese di luglio, qui a Briatico, è dedicato alla Madonna del Carmine: regina e protettrice di tutti i pescatori del paese, dell'acqua, delle barche e degli uomini bruni del mare. Ecco, allora, che l'ombra della torre diventa, ancora una volta, luogo speciale da dove partire per antiche processioni con la Madonna sulla barca più grande seguita dal lungo corteo di gozzi, barche e barchette che solcano le acque, per passare e ripassare sui luoghi familiari ai pescatori, che segnano annegamenti, incidenti di navi e barche, affondamenti ed altri eventi da ricordare per sempre. La Madonna del Carmine, inghirlandata di fiori e oro, dondola sull'acqua blu. Giovani, vecchi e bambini seguono il simulacro, sul mare, per un itinerario della memoria e della fede. Tanti fiori colorati sull'acqua, tanti sguardi luminosi sul mare come luccichii dei riflessi su quell'acqua che tutto copre. Pianti, preghiere, silenzi sentiti come quando il mare si placa dopo una tempesta. Poi il ritorno all'ombra della torre, per ricominciare il faticoso lavoro di tutti i giorni.
La scenografia dell'episodio del film di Sabel, curata da Giorgio Giovannini, è ricavata con l'ambientazione alla marina di Briatico, sulla spiaggia antistante il mare con sullo sfondo la torre, un luogo simbolo per tutto il territorio. Nelle immagini del film si intravede dapprima, piantato sulla spiaggia, un vecchio albero di acacia, poi appare un uomo che riposa tra le barche accanto ad una cesta di coffa. Poco più in là, tirata a secco, una grossa imbarcazione in legno che i pescatori locali chiamavano "u pampilu"; era la barca della cooperativa, ribattezzata del "medico i Bresca, o du coppu", una barca troppo grossa per il tipo di pesca a cui era stata destinata. Tutt'attorno tanti piccoli gozzi con le belliccie, arcaiche feluche e luntri. Conficcate nella sabbia alcune forche e tanti ntinnoli con la rete stesa al sole.
Scenografia di film, paesaggio reale e immaginario, luogo leggendario. Questa antica torre è il punto di riferimento dei pescatori della marina che la utilizzano per le loro coordinate quando spunta e quando sparisce al loro sguardo sapiente, come riferimento di pesca e di pescosità, come luogo di arrivo, di partenza, di salvezza durante le tempeste di mare, come luogo riparo, come accoglienza. Per tutti i pescatori della zona è elemento importante per la vita nel mare e del mare.
Alcuni anni fa era ancora intatta, poi subì una lunga serie di crolli, restauri e consolidamenti. Oggi rimane a testimoniare, con la sua imponenza, antichi messaggi di pirati e di incursori, di cavallari e di ostentate difese dal nemico che arrivava dal mare. Oggi è solo uno scheletro di pietra.
19 Agosto 2004, sono passati tanti anni dalle riprese del film. Letterina De Lorenzo, Rosario Petrarca, Vincenza Accorinti, Nicola De Leonardo, Leonardo Trombino e tanti altri attori, comparse e figuranti che lavorarono nel film sono scomparsi da tempo. La gente ha dimenticato le immagini, ma non il ricordo dell'esistenza di questo vecchio film di Virgilio Sabel. Ed ecco l'idea dei ricercatori e dei soci dell'associazione culturale Migrans Onlus di Briatico di riproporlo pubblicamente attraverso una proiezione in piazza, nel modo più originale, come una volta, sul telo bianco steso al vento, alle stelle, alla notte dell'estate calabrese, con le persone, gli spettatori, che si portano le sedie da casa per assistere allo spettacolo all'aperto. Alcuni ricordano quando per assistere ai film senza l'incombenza di portare la sedia da casa, affittavano per 10 lire le sedie della vicina chiesa matrice di San Nicola.
Ritorniamo ad oggi, all'estate del 2004. Per effettuare la proiezione viene chiamato Giuseppe Imineo, cinematografaro di Filogaso, amico di registi ed attori importanti, uno che di cinema se ne intende. Imineo assomiglia straordinariamente al personaggio di Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore tanto è in simbiosi con pellicole, pizze e proiettori di tutti i tipi, vecchi e nuovi, a carbone, alogeni e digitali. Con il suo camioncino color bianco sporco gira da anni le piazze estive del sud, apre le ante del portellone posteriore del furgone ed ecco spuntare il vecchio proiettore a bobina, una vera e propria lanterna magica. Il furgone è carico di pizze e bobine, pellicole in 16 e 35 mm, film vecchi e nuovi. Imineo, con i suoi cinquant'anni di cinema, continua a proporre immagini sugli schermi e a ricercare infaticabilmente tra gli archivi i film più rari, interesssanti e sconosciuti. Il magico fascio di luce del cinema, in cui confluiscono come affascinati, moscerini, zanzare e farfalle notturne, ripropone le scene del film di Sabel sulla stessa piazza che vide il regista torinese riprendere persone e personaggi del paese.
Molti, come abbiamo detto, mancano, altri sono emigrati lontano; altri ancora ricordano con rimpianto i luoghi cambiati dal tempo. La retorica è d'obbligo in questi casi di recupero e colpisce ancora con l'eterna nostalgia del tempo antico, sfuggito, passato. Ma, sicuramente, il messaggio più profondo viene percepito da chi, meravigliato dalle immagini, recupera identità e memoria e percepisce che Letterina era una di loro. Un pezzo di Briatico trasferito, come per incanto e per magia, sulla celluloide ingiallita della pellicola, tra i giri numerosi di una bobina, nella luce di proiezione e sul telo bianco dello schermo.
 
 

Episodio di Letterina
girato a Briatico
letterina.rm
in RealVideo
Durata 3' e 29''
(2MB e 654KB)