Poesie Canadesi

Canadian Poems
 
 

di Luigi Romeo


31 OTTOBRE
Fra il 1946 ed il 1950, quando partii per il Brasile, trascorsi un pò di tempo ad Isernia, che allora faceva parte della provincia di Campobasso, dando una mano nella fase di ricostruzione promossa dal Ministero dei Lavori Pubblici. La zona era stata devastata dai bombardamenti degli Alleati e dalla vicina battaglia di Cassino. Il mio primo incarico fu quello di fare un inventario dei danni subiti dai cimiteri fra Isernia e Boiano.
Avevo poco più di vent'anni e stavo imparando a crescere, in senso emotivo, fra la confusione del dopoguerra italiano. Ero a malapena riuscito a sopravvivere fisicamente nutrendomi di cicoria e funghi selvatici, animali uccisi dalle bombe, fichi secchi rubati e riso racimolato fra le rovine di S. Eufemia Lamezia.
Ad Isernia, collegata col mondo esterno con gli autocarri dell'U.N.R.R.A., a volte mi capitava di prendermi un giorno di riposo durante i weekend, quando sentivo la necessità di andare a passeggiare in campagna, lontano dalle cicatrici della guerra. Uno dei miei percorsi preferiti era una strada di campagna che fiancheggiava la ferrovia verso Cantalupo. Sulla sinistra, arroccato su una montagna rocciosa, sorgeva il paese di Pesche, un agglomerato medievale di case di pietra che guardava ad ovest. La neve cadeva presto in inverno e si fermava fino a primavera inoltrata.
Durante un autunno glorioso, un mio amico che lavorava come disegnatore per il Genio Civile mi accompagnò in una gita nei dintorni di Pesche. Lui era pittore e musicista e spesso ritraeva tutto quanto lo interessava. Un giorno ci inoltrammo lungo un sentiero che costeggiava un ruscello proveniente da Pesche e ad un certo punto il mio amico si fermò per mettere su carta i contorni di quel paesaggio idilliaco. Eravamo stati colpiti dalla serenità del luogo, dell'acqua limpida che scorreva fra le pietre coperte di muschio e dagli alberi riflessi che si specchiavano nell'acqua. La vita cominciava a riprendere un'apparenza di normalità, ed una gita lontano da Isernia distoglieva la nostra mente dal dolore umano.
Fu forse una delle prime volte in cui mi trovavo a confronto con la natura dopo aver trascorso un periodo di tempo a Roma, ancora segnata da scioperi, rivolte e fame. Mi ero appena ripreso dallo shock che ebbi alla Stazione Termini quando un soldato inglese mi aveva puntato addosso il mitra. Non avevo sentito, nè tantomeno compreso, il suo ordine che mi diceva di fermarmi per controllare che cosa avessi ricevuto dal Sud: una borsa con pane duro, olive sott'olio, fichi seccati al sole ed un paio di guanti di lana fatti da una mia vecchia zia.
E così, lungo il torrente di Pesche, non riuscivo a credere di essere capace di disperdere lo stress della vita quotidiana e ricordare le tradizioni che scandiscono il calendario gregoriano all'inizio di un inverno appenninico.
 

31 OTTOBRE

Muta stasi di acque
e pàllidi riflessi
di luci ed ombre
lungo il torrente di Pesche
nell'ùltimo soffio di ottobre.

Domani verranno i Santi
e ci sorriderà la vita
per un sole.

Poi la notte
ci porterà i Morti
Per tanti solstizi
e tante lune
di speranze.

Ultima attesa
per chi vive un giorno
e muore un anno.

31 OCTOBER

Silent stasis of waters
and pale reflections
of lights and shadows
along the Pesche torrent
on the last breath of October.

Tomorrow All Saints will descend
and life will smile on us
for a day of sunshine.

Then the night
will bring the Dead
over many solstices
and moonlights
of hope.

A last wake
for he who lives one day
and dies the whole year.


 

PORTUS HERCULIS
Il ricordo di un antico porto naturale vicino a Capo Vaticano, l'antico Tauranium Promontorium, mi ossessionava ogni qualvolta avvertissi il bisogno di rifugiarmi lontano dai travagli della vita ovunque mi trovassi. Pensavo spesso ai paesi dove, da ragazzo, ero solito andare in gita da solo, lungo la costa che si stendeva da nord a sud del Capo: Briàtico, Parghelìa, Iòppolo, e Nicòtera lungo la costa intorno a Tropea, l'antica Trapeia, con i suoi paesi greci circostanti come Hipponium, Carìa, Mileto, Ricadi ed altri luoghi in cui le lingue mantengono ancora la pronuncia e le radici elleniche.
In momenti di profonda depressione, ovunque fossi, ero solito vagare con la mente verso quello sperone nel Mar Tirreno e rivedere la costa, scandita da fichi d'India, origano, cespugli di capperi, nespoli e pergole di uva zibibbo.
Ma non ho mai voluto atterrare di nuovo. Sapevo che, per quanto quella natura selvaggia potesse darmi il suo benvenuto, una volta tornato in quei luoghi, avrei rovinato il ricordo di una terra magica dalle cui rive solevo guardare il sole tramontare sulle isole Lipari. Avevo paura di venire catturato dalla Circe della mia innocente infanzia.
 
 

PORTUS HERCULIS

Nel grembo
di Portus Herculis
una volta
sostavan triremi
per poi cimentarsi a navigare
fra Scilla e Cariddi.

Portus Herculis!
Ultimo lembo
di fidata soglia
all'ombra di lidi ignoti.

Ora nessuno più
sosta.

Solo il mio cuore
passa e ripassa,
ma non approda
per non insabbiarsi.

Eppure,
quel grembo
ancor m'accoglie.

PORTUS HERCULIS

In the bosom
of Portus Herculis
once upon a time
rested triremes
before attempting to cross
between Scylla and Charybdis.

Portus Herculis!
The last strip
of trusted threshold
in the shadow of unknown shores.

No one stops there
any more.

Only my heart
sails by and again,
though it does not land
afraid of sinking in sand.

Nevertheless,
that womb
still welcomes me.


 

SANTUARIO
Il santuario benedettino di Tropea, costruito su un'isola dieci secoli fa, o giù di lì, una volta poteva essere raggiunto solo via mare. Poi, dopo il terremoto avvenuto durante il Rinascimento, il mare si è ritirato ed ha lasciato un filo di sabbia che, con la bassa marea, collegava l'isola alla terra ferma.
Il mio nonno paterno, organista ufficiale di tutte le chiese di Tropea, da S. Francesco di Paola e Nostra Signora del Carmelo al Convento dei Cappuccini e della Nostra Signora dell'Annunciazione, annessa al muro occidentale del cimitero, aveva l'abitudine di portarmi con sè in tutte queste chiese. Avevo appena dieci anni, ed all'inizio il mio compito era solo quello di schiacciare i mantici che facevano funzionare l'organo. Poi fui promosso e cominciai a cantare in latino ed in italiano inni e messe. Come compenso ricevevo un soldo per ogni funzione.
Durante la novena che precedeva la celebrazione della Nostra Signora dell'Assunzione, che sedeva in trono nella chiesa del santuario, dovevo discendere lungo una collina in forte pendenza che si affacciava su Stromboli, camminare mezzo miglio lungo la costa ed infine cominciare ad arrampicarmi sulla roccia per raggiungere il piazzale del santuario. Oggi ci sono gradini di cemento e muratura che facilitano l'ascensione a coloro che percorrono lo stesso cammino in ginocchio come atto di penitenza.
Ripenso spesso a quelle arrampicate che mi lasciavano senza fiato prima di cominciare a cantare la litania, il Tantum ergo ed il Te Deum laudamus, ma, diversamente da quanto accade nella vita reale, lo sforzo è infinito perchè, esistendo solo nel ricordo, la scalata è di un gradino più lunga ogni volta che tento di raggiungere la cima.
 
 

SANTUARIO

Ogni giorno 
un filo di sabbia
m'unisce allo scoglio
a bassa marea.

Il mio santuario
è in cima alla roccia
coperta
dai cartelli indicatori di Sìsifo.

Mi cimento a scalar la china
ma ad ogni alzata
mi rimane ancora
un altro gradino.

SANCTUARY

Every day
a thread of sand
ties me to the reef
at low tide.

My sanctuary
lies on top of the rock
laden
with Sisyphus' directional signs.

I attempt to climb
but at each step
I still find
another riser.


 

26 NOVEMBRE 1944
Fu solo dopo molti anni che venni a conoscenza del destino di Rocco Repice. Non lo conoscevo bene ma solo indirettamente, tramite i suoi fratelli più giovani. Era di un paio d'anni avanti a me a scuola. Poi la guerra.
Non potevo credere che Rocco, che faceva parte di quella che credevo fosse un'organizzazione di Giovani Fascisti come chiunque altro della sua età, era stato giustiziato dai delinquenti di Salò a Cuneo.
Sembra che si fosse unito ai partigiani contro i nazisti e che fosse stato catturato in un raid.
Me lo ricordo come un giovane alto, con occhi scuri e penetranti, sempre vestito in modo elegante. Eccelleva negli sport e si distingueva nella vita sociale, benchè un pò medievale, di Tropea per il suo comportamento.
Un giorno visitai la sua tomba che, alla fine del viale principale del cimitero, dà le spalle al mare. La piccola foto sulla targa scolpita nel marmo rivelava una personalità curiosa, interessante. Che metamorfosi aveva subito Rocco per barattare la sua camicia nera con una sciarpa rossa, simbolo di patria e libertà politica?
 
 
 

26 NOVEMBRE 1944

                                                          Alla memoria di Rocco Repice

Non un fischio amico,
neppur d'un treno merci.
Quello del piombo
sostò appena
a Cuneo
sul terzo binario

Nere le traversine
come le camicie
racchiuse da giacchettoni
e mitra.

Neri i binari
ma essi puntàvano
verso il Sud,
cerniera di stivale bucato.

A Tropea
passavan diritto
dinanzi al casello paterno.

Tante volte
v'èrano scesi
Tedeschi,
tèssere del pane
e cartoline di leva.

Ed èrano salite
le fedi,
tradotte
e carne senza tèssera.

26 NOVEMBER 1944

                                                      To the memory of Rocco Repice

No friendly whistle,
not even of a freight train.
That of lead
barely stopped
at Cuneo
on the third rail track.

Black were the ties
like the shirts
under leather coats
and sub-machine guns.

Black the tracks.
But they pointed
toward the South,
zipper of a broken boot.

At Tropea
they sped straight
past the paternal home.

So many times
had descended
Germans,
bread ration coupons
and conscription cards.

And had climbed
troop trains,
wedding bands
and flesh without tickets.


 
 

BALLATA DI PESCATORI
Quando si sposarono, i miei genitori vissero per qualche tempo all'ultimo piano di un vecchio edificio che dava sul mare, situato alla fine del corso principale di Tropea. Penso che si chiami tuttora Corso Vittorio Emanuele. I Tropeani sono così indottrinati, e conoscono così poco la storia dei loro antenati, che non sono stati capaci di rifare la loro toponomastica utilizzando personaggi meno infami come poeti, filosofi o magari anche cuochi.
Dopo la nascita del primo figlio, mia madre fu costretta a trasferirsi vicino Porta Nuova, non lontano da un gruppo di case di artigiani dove mio padre, essendo un artista, si sentì forse un pò meglio. Mia madre, dopo aver vissuto una vita in Piazzale Galluppi, si sentì totalmente fuori posto benchè casa sua fosse comunque entro le mura teoriche di Tropea antica.
Il trasferimento nondimeno si rivelò positivo; infatti, alla fine di Viale Borgo, abitava una famiglia che si guadagnava da vivere con la pesca. Un giorno si trasferirono proprio sotto la casa dei miei genitori ed in pratica ci furono tre generazioni di 'tate' che si prendevano cura di tutti i miei fratelli. Si era praticamente una famiglia e, durante la depressione che ha coinciso con il trasferimento in Africa di mio padre, i nostri amici 'del piano di sotto' ci hanno dato una mano in molti modi.
Molto più tardi, da ragazzo, feci amicizia con un giovane, Saverio dell'Ordine, che era più grande di me e che mi portava con sè lungo la costa fra Parghelia e Capo Vaticano nella sua barchetta. I suoi fratelli maggiori erano pescatori notturni che usavano la lampara e mi raccontavano dei loro parenti che non erano mai tornati dopo essere partiti per pescare fra la costa e lo Stromboli. Uno in particolare, il figlio più giovane di una donna che ci faceva il bucato, subì lo stesso destino di suo padre e dei suoi fratelli. Le campane della cattedrale suonarono invano nel tentativo di inviare segnali e preghiere ai pescatori scomparsi.
Ricordo ancora Saverio, che si arruolò poi nella Marina Italiana. Mi chiedo che cosa ne è stato di lui. So solo che, come me, ha preferito farsi una vita al di fuori dell'atmosfera medievale di Tropea, tuttora incapace di liberarsi dalla stretta morsa della 'ndrangheta.
 
 

BALLATA DI PESCATORI

Trema il ponte-ferrovia
ai piedi del letto
laddove la fiumara abbraccia il mare.

Cresce la tarantella del diretto
col fischio
a Parghelia.

Il gallo nostro
è un mostro
che non sosta a Tropéa.

*  *  *

O mamma mia!
E' l'ora d'andare.
Dov'è la mia paléa?

Eccoti il pane senza sale!
Prènditi il tuo
maglione nero
di lana che fu suo.

Imà, non vado al cimitero.
Nemmeno a un carnevale.
Solamente a pescare.
Dov'è la mia paléa?

Ecco la tua palanca!
Ci ho messo un po' di cera
raschiata alla candela.

Imà, te ne prego!
Non mi manca
la forza per varar la barca.
Nè per alzar la vela.
Ma remar non posso
senza paléa.

La tua lampara
non lùccica sul mar mosso.
La notte è poi sì parca.

Imà, sei stanca.
Non devi più lavare
i panni della gente tanto avara.
Dov'è la mia paléa?

Figlio, l'ho sepolta nella sabbia
fra le piante ignare
che il tata piantò l'ùltimo giorno.

*  *  *

L'eco del treno è morto.
Un ciuco raglia intorno.
Un passerotto strilla nella gabbia
appesa al fico dell'orto.

Piangon le radici d'azaléa.
Piange la madre,
e il figlio salpa ancora.

Comincia un'altra attesa,
così come pel padre.
Un'ora dopo un'ora.

*  *  *

E' tornata un giorno illesa
senza barca la paléa.
Con il bacio dell'alta marèa.

FISHERMEN'S BALLAD

The rail bridge trembles
at the foot of the river
where its bed embraces the sea.

The tatantella of the fast train
grows with whistles
by Pargelia.

Our iron rooster
is a monster
that does not stop at Tropea.

*  *  *

O Mother!
It's time to row.
Where is my oar?

Get your saltless bread!
fetch your black
woollen sweater
that was your father's.

Mother, I am not going to the cemetery.
And neither to carnival.
Only to fish.
Where is my oar?

Get your gangplank!
I have placed on it some wax
scraped from a candle.

Mom, I beg you!
I do not lack strength
to launch the boat.
And neither to set the sail.
But I cannot row
without my oar.

Yor fishing lamp
does not shine on choppy waters.
And the night is so chary.

Mom, you are tired.
You do not have to wash
the clothes of people so stingy.
Where is my oar?

Son, I buried it in the sand
among the bushes unaware
that your father planted the last day

*  *  *

The echo of the train is dead.
A donkey brays around.
A young sparrow screams in a cage
hanging from the fig tree in the orchard.

Now weep the roots of the azalea.
The mother cries too,
and her son departs again.

So begins another waiting,
as for his father.
Hour after hour.

*  *  *

One day came back unbroken
the oar without the boat.
With the kiss of the high tide.

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