Giuseppina
Tripodi:
Storia
di una vergine
saggia
e fedele
di Mons. Gerolamo Grillo
Quanti frequentavano e frequentano
la Casa del Servo di Dio Don Francesco Mottola conoscevano tutti la carissima
Giuseppina Tripodi che di quella venerata magione, unitamente alla sorella
del Padre, fin dalla morte di quest'ultimo, fu il vero angelo custode.
Don Mottola, negli anni
più cruciali del suo martirio sulla terra, aveva avuto modo di conoscere
tra le ragazze della Casa della Carità della marina di Tropea colei
che un giorno egli avrebbe denominato la <<sorellina>> (così
egli la chiamava), la quale spontaneamente aveva scelto di fargli compagnia
soprattutto nel portare la Croce nera, di cui egli parla frequentemente
nei suoi scritti.
Giuseppina certamente non
comprese allora (era troppo piccola) il significato più autentico
di quella scelta. Visse dapprima, infatti, (me la ricordo ancora) la sua
vita di piccola <<oblata>> con estrema dedizione e serenità,
imparando direttamente ad amare e a soffrire dallo stesso Don Mottola.
Ma nulla di più del mistero di Dio che lentamente si sarebbe svelato.
Nessuno meglio di lei,
oltre che la Signorina Irma Scrugli e qualche altra anima privilegiata,
(e me ne accorgevo nei frequenti colloqui) era riuscito a penetrare nel
profondo della spiritualità mottoliana. Quante volte io stesso mi
son trovato ad interpellarla per verificare se certe mie intuizioni (pur
avendo conosciuto intimamente Don Mottola), fossero veritiere od errate;
e quante volte ella ha cercato, con la sua modestia, ma anche con la sua
chiara e decisa perspicacia, di correggere certe mie prese di posizione.
E' risaputo che ella, assieme
a qualche altra persona competente in materia, si è adoperata per
mettere in ordine l'archivio concernente la vita del Padre, ma il vero
<<archivio>> fu lei, anche perchè il Signore, oltre tutto,
l'aveva dotata di una incredibile memoria.
Le sue caratteristiche
più salienti e più splendide furono quelle delle vergini
sagge del vangelo.
Posso affermare con estremo
rigore, avendola anche conosciuta spiritualmente, che la sua lampada accesa
non si spense mai.
Seppe anzitutto portare
con fierezza la lucerna della testimonianza verginale cristiana: sposa
di Cristo e soltanto di Lui nel vero senso della parola, senza ombra di
tentennamenti e neppure sfiorata dal minimo ripensamento.
Giuseppina fu testimone
fedele fino all'ultimo giorno della sua esistenza terrena. <<Testimonianza>>
che ha molta fortuna nel discorso spirituale moderno. E' una bella parola,
molto densa di significato, apparentata molto bene con quell'altra più
pregnante di contenuto, più grave e più specifica del vocabolario
mottoliano, che suona <<oblazione>>, di cui la testimonianza sembra
essere una forma subalterna, ma assai estesa, che va dalla semplice professione
cristiana, silenziosa e passiva, fino al vertice supremo, che si chiama
martirio.
Giuseppina fu testimone
fedele con il suo esempio, con la sua parola, con le sue opere, con la
sua vita vissuta, con la sua lunghissima e amarissima sofferenza sacrificale
in omaggio all'Amore posseduto come estremo valore; valore superiore al
proprio stesso benessere e alla propria salute.
E chi non si rendeva conto
che la sua testimonianza d'Amore non fosse una semplice professione esteriore,
convenzionale, un mestiere abituale?
Sono convinto che Giuseppina
possa tranquillamente enumerarsi tra quelle anime venute sulla terra <<a
miracol mostrare>>. Ella, vorrei dire, è stata una delle voci più
accattivanti della coscienza di Don Mottola; un frutto prezioso di vita
interiore assicurata anche dal dono d'una forte ispirazione, che sorgeva
limpida e imperiosa dal fondo della sua anima.
Giuseppina, quindi, la
vergine dal cuore grande. E non è vero forse che la misura del cuore
dell'uomo e della donna si ha dal modo in cui essi accettano la sofferenza?
La sofferenza ha agito
in lei come una semente. Giuseppina, nella sua lunga malattia ha seminato
a piene mani un grano preziosissimo, un frumento meraviglioso che, marcendo,
è divenuto più fecondo.
La Cattedrale di Tropea
stracolma soprattutto di giovani, nel giorno dei suoi funerali, sta a dimostrare
ancora una volta che il chicco di grano deve morire nella terra per poter
produrre la spiga e dare molti frutti.
Ella ha voluto seguire
Cristo, sulle stesse orme di Don Mottola, dimostrando chiaramente che l'effetto
decisivo nella vita di un'anima consacrata non deriva dalle grandi opere,
dai piani ben preparati, dall'organizzazione o dal lavoro, dalle parole
o dagli scritti, ma dalla sottomissione alle cose umili, dalla vera obbedienza
e dal disprezzo alle proprie vedute, alla vita facile, ai comodi e ai vantaggi
personali.
Ed ecco l'eredità
più preziosa di Giuseppina:
a) la vera oblata deve
saper morire a se stessa e al mondo e vivere unicamente per il suo Sposo:
solo questa apparente disfatta darà alla sua opera la vera forza
animatrice e trasformatrice;
b) la vera oblata non si
aggrappa alla propria vita e tanto meno al calduccio della propria casa,
del proprio ambiente, ai conforts della società del benessere, alla
propria cocciuta volontà, ma a quella del suo Dio, che solitamente
si manifesta attraverso le parole e i consigli di un buon direttore spirituale;
c) la vera oblata, in quanto
autentica discepola di Don Mottola, non si abbandona alle facili tentazioni
del bigottismo locale, ma segue il Cristo cercando di incontrarlo nei poveri
con una vita povera, nei diseredati con una vita di accattonaggio evangelico.
<<Lo so, carissime
consorelle - è Giuseppina che ci parla - che per un primo impulso,
ciascuna di voi indietreggi di fronte al duro cammino della croce. Gesù
stesso ha tremato all'idea stessa della sua morte; eppure non ha chiesto
al Padre che lo salvasse da quell'ora tremenda>>.
<<Vedete, come Gesù
sono nata povera (anche per questo fui accolta da Don Mottola), sono vissuta
povera, sono morta povera. Ho dato a tutti, niente ho trattenuto nelle
mie mani>>.
<<E' vero: Gesù
non esclude nessuno dalla sua amicizia, e alcune delle persone che gli
sono più care vivono con agiatezza; però non si è
mai lasciato abbagliare dalla ricchezza e dalle comodità e ha dato
la maggior parte del suo tempo e del suo interesse ai poveri, ai malati,
ai piccoli.
Non è vissuto nella
zona privilegiata dell'umanità, quella in cui la classe sociale
e il denaro rappresentano una difesa contro la sventura; invece, un giorno
dopo l'altro, è stato accanto al mio lettuccio nelle mie ore di
pianto e di indicibile strazio.
Non l'ho detto mai ad alcuno,
quando ancora ero sulla terra: l'ho incontrato sempre nel dolore e nella
sofferenza degli altri, nello scoraggiamento del ragazzo e della ragazza
che mi aprivano l'anima, nel cuore amareggiato di chi diversamente sarebbe
rimasto schiacciato sotto il peso delle delusioni più cocenti>>.
<<Così, come
per incanto, le mie pene ricevevano sollievo e a sera, quasi sempre, dopo
aver amato coloro che soffrivano più di me - e ne ho incontrati
tanti - cantavo con gioia il mio 'Magnificat anima mea Dominum!' e ripetevo
di continuo il mio 'si' totalitario a Colui che, fin da ragazzina, mi aveva
strappato il Cuore>>.
Grazie, vergine saggia,
prudente, vera amica dei sacerdoti. Te lo dice con tutta l'anima, anche
a nome delle tue consorelle <<oblate>>, il tuo Assistente Spirituale
che sempre ti ha voluto bene ed al quale sempre hai voluto bene!
Vorrei scrivere e parlare
ancora a lungo di te. Ma è preferibile che tutto rimanga nel mio
cuore: violare i tuoi segreti (e sono tanti) sarebbe più che un
terribile sacrilegio. Posso dire soltanto una cosa: sono stupendi e bellissimi!
Grazie ancora!
Prega sempre per il tuo
Istituto ora che dall'alto dei Cieli, unitamente a Don Mottola, alla Signorina
Irma e alle altre consorelle che ti hanno preceduta, puoi meglio guardare
alle nostre piccole vicende umane.