D. Mottola era diventato
punto di riferimento, non solo per i sacerdoti, ma per un gran numero di
anime,
che ricorrevano a lui per
consiglio e per la direzione spirituale.
Le iniziative di carità
da lui avviate per soccorrere i bambini abbandonati, i vecchi, i poveri
e gli ammalati nei tuguri e nelle baracche,
sono per molti giovani
di entrambi i sessi un richiamo ed un invito per dare un senso diverso
alla propria vita.
Egli partecipa loro l'ideale
oblato, come donazione totale a Dio ed ai fratelli bisognosi,
consacrando la propria
vita, non nel chiuso di un chiostro, ma nel trambusto del mondo, armonizzando
preghiera e azione, come
<<carmelitane
e certosini della strada>>.
Nascono, così, le
Oblate
del Sacro Cuore, che hanno come particolare <<carisma>>,
quello di <<attendere
alla perfezione spirituale mediante la preghiera contemplativa e l'apostolato:
restare nel mondo per
essere maggiormante pronte nell'avvertire la voce del dolore e della solitudine>>.
Non hanno segni esterni,
che le distinguono dalle altre, poichè il loro segno di riconoscimento
è la <<carità risplendente>>,
il loro stemma araldico
è la <<+>, e il loro motto nobiliare è <<Usque
ad sanguinem>>,
cioè donare se stesse
nella totalità del loro essere.
Si impegnano nell'assistenza
agli anziani, agli handicappati e ai bambini abbandonati, nelle Case di
Carità,
e <<nelle opere
di apostolato che la Chiesa propone secondo i tempi e i luoghi>>.
Rispondono alle esigenze
della nostra società secolarizzata, animano la pastorale parrocchiale,
stimolano e collaborano
con le <<Caritas>> e le iniziative assistenziali, promuovendo il
volontariato,
assicurando una presenza
a domicilio per le persone inabili e sole.
Dell'albero della famiglia
oblata è il <<ramo>> più ricco di frutti,
che ha avuto l'approvazione
vescovile nel 1968 ed il riconoscimento vescovile nel 1968 ed il riconoscimento
pontificio nel 1975.
Irma Scrugli: Una vita oltre il tempo!
Titina
Mottola: Un fiore cresciuto
all'ombra
di un grande albero