DON
MICHELE
LOIACONO,
SUCCESSORE
DI
DON
MOTTOLA,
NON
E' PIU'
di Don Francesco Capria
Don Michele Loiacono, nato
a Gasponi, frazione di Drapia, il 13 marzo 1902 e ivi deceduto il 27 gennaio
1984, fu tra tutti i sacerdoti oblati del Sacro Cuore quello che seppe
maggiormanente incarnare, nel modo più integrale, durante il corso
della sua vita, nel suo ideale e nella sua personalità, don Francesco
Mottola, di cui è in corso il processo di beatificazione.
Dal settembre del 1969,
per plebiscitaria elezione, fu il fratello maggiore della famiglia oblata;
per suo interessamento molte iniziative, come lo studio delle costituzioni
del Concilio Vaticano II, presentate a turno, negli incontri mensili, dai
Sacerdoti oblati; quello della Liturgia delle Ore e della nuova Catechesi,
guidato da docenti dell'"Ignatianum" di Messina; l'aggiornamento biblico,
tenuto da P. Francesco Tudda del Seminario Regionale di Catanzaro, si sono
susseguite in questi ultimi tempi, con ritmo sempre crescente.
Il <<Diario di un
sacerdote>>, scritto da un prete calabrese che vuole conservare l'anonimo,
magistralmente delinea la figura, l'anima e la spiritualità di don
Michele Loiacono: <<...Mi reco a Gasponi, la Betania della diocesi.
Vi è un sacerdote, che, alla scuola di Don Mottola, ha saputo imparare
bene, a spalancare, in qualunque ora della giornata, la propria anima ai
Sacerdoti...che oggi, più di ieri, han tanto, ma tanto bisogno di
un cuore sincero, fraterno, sacerdotale, oblato. E' semplice, pio, modesto,
sempre sorridente e ospitale, felice quando nella sua casa, pervasa di
spirito francescano, può accogliere un confratello, più felice
ancora quando si rimane alla sua agape, ricca di bontà, di amore
e di calore sacerdotale, piena di comprensione e di sensibilità
fraterna, per cui si è fraternamente conquistati e si sente più
vivo il bisogno di voler ritornarvi ancora per temprarsi nell'ideale di
don Mottola...Mi parla con viva gioia del Decreto con cui Papa Paolo VI,
il 25 gennaio 1975, ha elevato l'Istituto delle nostre Oblate a Istituto
Secolare di diritto pontificio - <<Che dono!>> E' fuor di sè
per la gioia, che vorrebbe trasfondere anche negli altri sacerdoti, che
egli ama come fratelli.
Gasponi: la Chiesa parrocchiale
Il
19 agosto del 1975 un confratello si reca a Gasponi da don Michele, che,
con la sua ben nota semplicità, gli dice: <<Veramente dovrei
andare a Santa Domenica...ma io rimango più che volentieri qui,
con Voi>>. Quello cerca di persuaderlo a voler accontentare anche i suoi
parenti, ma inutilmente, perchè don Michele decisamente gli risponde:
<<Sarebbe un delitto se io oggi non rimanessi qui con voi>>; quindi
telefona così ai nipoti: <<Oggi non posso venire da voi perchè
ho con me un caro confratello>>.
Come si stava bene con
don Michele, come si sentiva la presenza di don Mottola conversando con
lui e aprendogli la propria anima! Con quanta serenità di spirito
e con quanta accorata nostalgia ci si allontanava da quest'anima veramente
sacerdotale! Io me lo sono visto sempre fraternamente vicino, specie nei
momenti più tristi della mia vita, sempre col suo bonario sorriso
e con la sua dialettica semplice, ma piena di calore.
Don Michele, fu sempre
il sacerdote fedele, ubbidiente, disponibile, e, secondo l'espressione
tanto cara a don Mottola, lo <<straccio>> nelle mani del Vescovo.
Verso la fine del 1936, mons. Felice Cribellati, Vescovo diocesano, si
trovò in grande disagio pastorale per la provvista della Parrocchia
di falerna, paese ove, allora erano molti protestanti. Il parroco del tempo,
in seguito ad un concorso vinto, doveva recarsi in un'altra parrocchia,
don Mottola ne parlò a don Michele, il quale subito gli rispose
di essere pienamente a disposizione del Vescovo. Mons. Cribellati fu vivamente
commosso per questo gesto di totale donazione alle anime e alla volontà
del Vescovo, e quando don Michele andò ad ossequiarlo, gli disse:
<<Mi hai tolto una spina dal cuore! Va', e tiaccompagni sempre la
benidizione del Signore e del tuo Vescovo!>>.
In questo nuovo campo don
Michele lavorò fervorosamente, per molto tempo come il <<buon
soldato>> di Cristo, disseminando, con la sua intelligenza, ma più
ancora con la testimonianza della sua zelante vita sacerdotale, i tesori
della sua mente e del suo cuore di oblato.
Subito dopo l'ordinazione
sacerdotale fu Cappellano della Chiesa del Carmine di Belmonte Calabro,
fu, poi, economo della Chiesa parrocchiale di detto paese e, successivamente
della parrocchia di S. Nicola di Ricadi; dal 1926 al 1936 ebbe la cura
pastorale della parrocchia di Brivadi.
Nel 1936 veniva, quindi,
mandato come parroco a Brattirò, frazione di Drapia, a poche chilometri
da Tropea; infine a Gasponi; fu, per diversi anni, direttore spirituale
ed insegnante nel Seminario Vescovile diocesano, delegato regionale della
F.I.E.S. (Federazione Italiana Esercizio Spirituale), direttore, diocesano
dell'Unione Apostolica del Clero, Canonico tesoriere del Capitolo Cattedrale
di Tropea.
Perchè la fiamma
suscitata da don Mottola fosse sempre viva, si recò spesso in molte
parrocchie della Calabria, ove erano anime consacrate all'ideale oblato.
Volle che i ritiri annuali, che si stenevano a Tropea Marina, nel mese
di settembre, ai sacerdoti che, direttamente o indirettamente, conoscessero
la spiritualità e l'ideale di don Mottola.
Nominato Prelato di onore
di Sua santità, volle essere da tutti e sempre chiamato semplicemente
<<don Michele>>, tanta era la sua umiltà.
L'animatore spirituale
del Seminario Regionale di catanzaro, nell'anno scolastico 1982-89, condusse,
in diversi turni, alla casa della carità di Tropea, gli studenti
di teologia per gli esercizi spirituali: Don Michele ebbe così modo
di parlare più volte e di trasfondere in essi tutta la sua anima
ardente, che era appunto qella di don Mottola. Questa esuberanza di vita
interiore alimentò sempre la sua esistenza, e quanto più
soffriva, specialmente negli ultimi tempi, in conseguenza di un delicato
intervento chirurgico, tanto più egli sorrideva, fino a trasformare
il <<letto del suo martirio in cattedra di fede e di amore>>. Le
sue ultime ore di vita furono raggi di luce; ad un tratto il suo volto
s'illuminò insolitamente, baciò più volte il Crocifisso,
benedisse i presenti, specialmente gli oblati, pronunziò le parole:
<<Spiri in pace l'anima mia>> e, abbandonando dolcemente il mento
sul petto, spiccò il volo per il Cielo.
La famiglia degli Oblati
si arricchiva, allora, di un'altra fulgida gemma e di un altro validissimo,
protettore celeste.