COVIELLO o COVELLO

E' una maschera regionale calabrese che risale al Cinquecento ed è una tra le maschere teatrali che più sfugge ad una definizione. Né il suo ruolo scenico né il costume presentano infatti nel tempo la regolarità che consentirebbe di ancorarli a un "tipo".
Il suo nome deriva per contrazione da Iacoviello, corrispondente in italiano a Giacometto.
La sua parte d’attore nella commedia dell’arte, cambia sovente secondo la trama e a seconda delle esigenze della commedia e delle caratteristiche dell'interprete; a volte è un servo altre un bravo, oppure un buon padre di famiglia o avido albergatore, Coviello venne definito, la maschera delle maschere, la traduzione scenica del tema della variazione affidato a un personaggio inafferrabile e imprevedibile.
"Coviello, cui è talvolta attribuito un cognome variabile quale Citrullo, Citrulli, Ciavala, Gazzo o Cardocchia, si presenta come una figura poliforma, da mille volti e da molteplici atteggiamenti."
Il costume del personaggio non è ben definito. In alcune incisioni del Seicento di Francesco Bertarelli viene raffigurato con lunghi pantaloni attillati allacciati sui fianchi, un corpetto aderente e una corta mantella. Indossa anche una maschera nera con un naso enorme sopra il quale poggiano degli occhiali smisurati. Elemento costante anche un mandolino. Fra gli interpreti che portarono questo personaggio alla notorietà si ricordano Ambrogio Buonomo, Gennaro Sacco, Salvator Rosa, Giacomo Rauzzini. Portava in viso una mezza maschera nera con lo guance rosse ed un cappello nero e piumato. Nel Settecento, la maschera di Coviello coinciderà con quella di Pulcinella.