Pietro Ruffo di CalabriaIl Conte Pietro Ruffo,
Comes Calabriae
 

di Giovanni Fiore
(1670)
 


Merita quest'huomo singolarissimo che di lui e delle sue imprese se ne tenghi nel primo luogo minuto raccordo. Nacqu'egli, come scrisse Fazello1, in Calabria; nella Città di Tropea, giusta che più particolarizza il Duca della Guardia2, e riuscito di gran valore occupò molti posti. Divenuto Famigliare dell'Imperador Federigo II, poi suo Cavallerizzo Maggiore, indi Capo del Consiglio reale, appresso gran Maresciallo, o vogliam dire Capitan Generale di questi Regni, e finalmente l'anno 1293 Vicerè in Sicilia. Consciosiache, venuto a morte Federigo, lasciando ad Errigo suo figliuolo questa isola gli nominò per bailo e Governador del Regno, durante la sua pupillar età, il Conte Pietro.
Esercitò Pietro l'uno e l'altro di questi ufficij con tanta auttorità che in nulla parve differire da Manfredi, anche figliuolo (sia o legitimo o naturale) del medesimo Federigo e Governadore in Napoli, tanto che nè a' suoi ordini ubidiva, non pur nella Sicilia ma neanche nella Calabria; onde mai permesse il possesso di Botera in quella a Galgano Lancia zio di Manfredi, nè di Squillace in questa a Federigo pur Lancia e zio del Principe. Per il che, sdegnato questi, mandò in Sicilia Galgano sudetto con ordine minaccievole a Pietro che, tosto partito, rimettesse in mano del medesimo il governo del Regno. Cosa qual, dispiacciuta a' messinesi, erano per tumultuarne con la morte del Lancia, e sarebbe seguito se egli, cedendo al tempo, non si fosse tosto fugito.
Morto intanto Errigo e succeduto Corrado, l'altro figliuolo dell'Imperador Federigo, Re di Napoli e nella fedeltà del Conte compiacciutosi, lo confermò nella medesima carica della Sicilia con l'aggionta della Calabria. Ma quindi, morto Corrado e venutogli dietro Corradino suo figliuolo di picciola età et assente in Germania, Pietro fè nobile mostra della sua sincerissima fede poichè Papa Innocenzo IV, havendo introdotto per opera d'alcuni francescani e domenicani trattato per restituire alla Chiesa la Sicilia con offerirne a Pietro l'investitura per uno de' suoi nipoti, tanto mancò ch'egli piegato si fosse all'ambitiosa offerta, ch'anzi tosto fè battere alcune monete coll'impronto e nome del picciolo ma legittimo Re Corradino. Occasione, però, e motivo di lagrimevoli successi a se, alla sua famiglia et al Regno: quando le battute monete, ritornando in danno de' messinesi, e però tumultuando prima e prendendo l'arme appresso, erano per dare in scandalose risolutioni, che pure non seguirono, perchè si convennero che Pietro partisse libero con la sua robba e famiglia dalla Sicilia e che in tanto rimettesse nelle loro mani tutte le fortezze dell'isola e nella Calabria di Reggio e di Calanna da custodirsi per Corradino.
Veleggiando addunque il Ruffo in Calabria, come fu in mezzo al faro, hebbe avviso che messinesi, rotta la parola, havevano assaltato il palaggio e fatta preda della suppelletile onde, per risponder loro di pari, affrettando il cammino, dato a terra, tosto spedì Giordano suo nipote per la Calabria che la rattenghi in ubidienza et egli, portatosi in Calanna, non pur ne rese il castello a' messinesi, ma il fortificò a suo conto.
Nulla sapendo di queste rivolte Manfredi gli havea spedito per no so quali affari Riccardo Frosina il quale, arrivato in Necastro et uditi quei tomulti, occupò il castello e, scacciatone Fulcomero tedesco di sospetta fede al suo Principe, lo raccomandò a Rogiero suo padre; ma, sopravenendovi Giordano nipote del Conte, rihebbe il castello, carcerò Riccardo, Roggiero e Guglelmo decano di quella Chiesa tutt'e tre Frosini, mandò a custodirli, il decano nel castel di Montileone, Roggiero in quel di Mesiano e Riccardo nell'altro di Tropea.
Hora, ritrovandosi Manfredi nell'assedio d'Oria in Otranto et intesa la partita di Pietro e li tumulti de' messinesi, gli spedì Gervasio Martina affine di consultare quello richiedesse la congiuntura de' tempi, et arrivato in Cosenza gli fu da Giordano impedito l'oltre passare onde, declinando nell'Amendolara, intese da Roggiero Signor del luogo e Giustiziero all'hora di Calabria che la caggione del suo trattenimento che non oltre passi al Conte era che Pietro dissegnava alzar bandiera per la Chiesa, havendone di già spediti solenni Ambasciadori in Napoli a Papa Alessandro IV succeduto ad Innocenzo, sì che, ritornato in fretta da Manfredi con queste novelle, fu dal medesimo rimandato con Corrado Trevich e molta gente ad occupar per lui la Calabria.
Addunque il Conte Pietro, ricevuti quasi al punto medesimo gl'avvisi degl'esserciti di Manfredi e dell'altro de' messinesi amendue a' suoi danni, perciò, per non esser colto al di mezzo, lasciato il castel di Calanna sotto la custodia di Carnevalio Pavia, di Boemondo d'Oppido e di Fulcone Ruffo, passò in fretta in Catanzaro ove, celebrata la Pasca del 1255, si portò in Cosenza et ivi, appena arrivato, intese che Giordano, volendo passare da Cassano in San Marco, tradito per viaggio da' suoi, restò prigione della gente di Manfredi onde egli, senza fraporvi more, rivoltò indietro il piede alla volta di Catanzaro e, toltasi la famiglia e la robba, fuggì per ricovrarsi in Castelmonardo ove, niegatogli l'ingresso, oltre passò in Mesiano ma, non ricevuto, scese in Tropea e, dato ordine per una feluca, nell'ire ad imbarcarsi, venutogli meno di fede il Castellano che per suo affronto maggiore non solo havea tratto fuori di carcere Riccardo, ma Capitan l'havea dichiarato della città, fè bandire che sotto pena della disgratia di Manfredi e di Corradino niuno dovesse accompagnare il Conte; onde al tempo medesimo rimase e fuor dalla Città et abbandonato da' marinari se non che, capitata ivi una barca di Salerno, col nolo di mille scudi in Napoli il condusse.
In Napoli, ottenuti da Papa Alessandro due esserciti, per mare l'uno guidato da lui, per terra l'altro sotto la condotta dell'arciprete di Padua Luogotenente di Ottaviano Cardinal Legato per la Chiesa, ripassò in fretta in Calabria. Così dunque, con 12 galee sbarcato in S. Lucido, et ivi rinforzato di tremila soldati gente di crociata, passò in Cosenza qual sorprese e quivi, altresì, rinforzato di altri quattro mila della medesima gente (qualunque ne fosse la caggione) potendo far cose assai non ne fè una, ma, ripassato in S. Lucido e ripresa la famiglia, ripassò in Terra di Lavoro ove dal Papa venne provveduto di stato e di dominio.
Prosperando addunque così bene le fortune di Manfredi, ecco che l'anno 1256, chiamato in Barletta un generalissimo parlamento di Baroni e quivi citato ma non comparso, il Ruffo venne privato del dominio di Catanzaro, dell'ufficio di Maresciallo e d'ogn'altra prerogativa onde, fugendo, ricovrò in Francia dalla quale non ripassò in Italia che con Carlo primo da cui, poi, fu reintegrato nella sua Contea onde sbagliarono il Villani e 'l Costanzo qual'hora scrissero che il Re Carlo habbia creato Conte di Catanzaro Pietro Ruffo, havendo voluto più tosto dire che gl'l l'habbia restituito.
Crebbe Pietro di stato perchè, oltre Catanzaro, hebbe Cotrone, che fu nelli 1284, Mont'Alto e Mesiano e poi, ne' 1290, Mesuraca, Rocca Bennarda, Castelmonardo, Policastro e tant'altre Città e terre per tutta la Calabria che potè darsi titolo di Comes Calabriae.
Hora, succeduto il Vespro Siciliano, e perciò passati sopra la Calabria gl'Aragonesi di Sicilia, quasi tutto lo stato gli venne tolto. Egli medesimo, l'anno 1296 assediato in Catanzaro dal Re Federigo e non soccorso nel conchiuso tempo di 40 giorni, fu costretto a rendersi co'l rimanente dello stato. Ma poi, rappacificati li due Re, Carlo II di Napoli e Federigo di Sicilia, Pietro venne restituito a'suoi dominij. Anzi, con ciò fatta parentela tra le due Corone, sposata Eleonora figliuola di Carlo al sudetto Federigo, il Ruffo fu che la condusse a Messina da dove ritornato, con lagrimevole infortunio, l'anno 1302 e della sua età oltre li 90, senza sapersene il perchè fu da Giovanni da Militerno ucciso.
Tal si fu il fine del Conte Pietro Ruffo certamente non adeguato ad una vita stata sì gloriosa.
 

NOTE
1 Decades.
2 Ne' Ruffi.