LA MUSICA
E I SUOI PRECURSORI
DI CALABRIA
 

di Alfonso Frangipane


Dagli antifonari gregoriani del medioevo, ai concerti degli organisti e dei liutai, alle metriche invenzioni di Guido monaco e di Iacopone, fino ai <<mottetti>> ed alle <<messe>> delle antiche scuole fiamminghe ed italiane del Quattrocento, si sviluppa il ciclo musicale, in modo da non restare ignorato nel mezzogiorno d'Italia. E benchè si abbiano rare notizie di maestri di canto e di musica delle nostre province, pure le poche luci bastano ad illuminare ciò che, purtroppo, è stato considerato buio assoluto e per noi umiliante.
Abbiamo ricordato altre volte un maestro insigne di musica, Giovanni Donadio da Mormanno, vissuto tra la fine del Quattrocento ed i principi del Cinquecento. Dobbiamo qui rilevare, come la sua grande fortuna, che lo fece potente a Napoli, si costituiva anzitutto su la musica; ed egli doveva tale fortuna, certamente, alla tradizione paesana dei sapientissimi organari ed organisti, che da quei secolari tuttora si mantiene interrotta nell'alta Calabria e nella vicina Lucania.
Il Mormannese aveva iniziato, infatti, la sua attività, come chierico organista della diocesi di Cassano, dopo di che s'era trasferito a Napoli probabilmente allievo della prima scuola musicale fondata sotto Ferdinando d'Aragona, affermandosi presto come <<maestro di cappella>> e costruttore dei primi grandiosi e melodici organi per le chiese della capitale e di altre città del reame.
Intorno a Giovanni Donadio mosse una numerosa famiglia di musicisti, organai ed architetti, fra cui i Di Palma, soprannominati <<Mormando>> in omaggio al maestro calabro, e che furono sapientissimi <<nell'esercizio e nel magistero degli organi>>, mantenendosi in rapporti con le Calabrie, dove non dovevano mancare intenditori, tecnici, cultori affezionati della musica, e da dove è documentato si partissero giovani per apprendere nelle botteghe napoletane perfezionamenti costruttivi per organi e viole.
E mentre, nel secolo XIV, a Napoli si divulgavano le prime riforme tecniche e contrappuntistiche, perchè la musica uscisse dal genere delle composizioni sacre, pur si distingueva fra i riformatori un calabrese, Rocco Rodio, stimatissimo dai contemporanei quale esimio contrappuntista e scrittore. Che fosse nato nella Calabria, verso il 1530-32, è affermato dagli storici concordemente, benchè nessuno avesse precisato il luogo. Giova, quindi, ricordare, che la famiglia Rhodio aveva, in quel tempo, il suo ceppo a Squillace, donde poi, verso il 600, trasferiva elementi a Catanzaro.
                    Giovanni Donadio
Nè sul merito del musicista può dubitarsi, quando si è certi della grande ammirazione manifestata per le sue opere dal Maffei, illustre filosofo, suo contemporaneo; quando si sappia che il Cerreto, nella sua <<Pratica musicale>> poneva, nel 1601, Rocco Rodio fra i più valorosi compositori viventi in Mapoli; che l'opera didattica del nostro - <<Regola di musica>> - è stata apprezzata e citata dal celebre trattatista della Scuola Bolognese, il Padre Martini; che quelle numerose composizioni ecclesiastiche del Rodio, alcune (stampate nel 1580, messe in partitura dall'abate Santini) rimangono negli archivi musicali; e di queste composizioni, la settima, secondo le strane consuetudini del tempo, che permettevano d'introdurre nelle <<messe>> anche la musica non puramente liturgica e di usare titoli profani, aveva per titolo <<Ultimi miei sospiri>>; e la decima <<Adieu mes amours>>.
                                                                                                                                                                                                       Fra' Marcello Fossataro
Dall'epoca del Rodio - epoca in cui nel <<Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo>> fondato a Napoli dal calabrese Fra Marcello Fossataro di Nicotera convergevano le vocazioni musicali dei giovanissimi, fra cui dovevano essere anche dei calabresi - a tutto il Seicento, altri cultori nostri della musica, benchè non assurti alle file prime, e rimasti obliati, operarono in Calabria, appresso i cenacoli dei nostri umanisti; e le loro armonie risuonarono accanto a quelle dei poeti, di Galazzo degli Angioli, di Bernardino Martirano, di Edvige Pittarelli. Maestri di organo e di canto, ebbero nomi meno risonanti, qualcuno, come Ferrante Còraci da Catanzaro, esumato da documenti quattrocenteschi (v. L. Perroni Grande in <<Brutium>>) come esercitante in Messina, altri - come Giov. Luca Conforto di Mileto, che secondo il Barrio, da Cantore della cappella pontificia sotto Innocenzo IX verso il 1591, approfondiva la tecnica degli organi, trovando il modo di mandare fuori delle canne quella tremula voce <<volgarmente detta trillo>> - non privi di reputazione anche in centri di musica sacra e nella terra nativa, sì da lasciare il proprio nome alle generazioni: da Felice a Marcello Drogo di Locri (Gerace) <<musicisti peritissimi>> secondo il ms del Gualtieri, ai primi del Seicento, a Giov. Leonardo Borgese da Terranova a Gaspare Florino da Rossano, <<cantorum magister>> della stessa epoca, a Camillo Bilotta da Catanzaro, dotto di musiche, ricordato nelle note acetiane al Barrio come vivente nel 1612, a Giov. Battista Corvello da S. Marco Argentano, che pubblicava in Napoli un volume di canto nel 1624, e passava segnalato come <<musicorum praefectus>> nelle memorie gualtieriane, a Michelangelo Falvetta di Melicuccà, che l'Aceti ricorda come maestro valentissimo nella Cattedrale di Messina verso la fine del Seicento, fino a Michelangelo Jerace compositore a Polistena, ricordato dai dizionari musicali anche fuori della regione.
O. Glorizio: Le Spezzate Durezze
E poi nomi e nomi, che potremmo esumare qua e là, specie progredendo nel tempo, da Giuseppe Barrone di Seminara, maestro di canto a Cava dei Tirreni nel 1571 all'altro seminarese Matteo Palermo, che i paesani, a metà del '600 ritenevano musicista celebre, a Giandomenico Curatoli, valente violinista vibonese, fratello del pittore e architetto di S. Leoluca, Francesco Antonio, anche lui cultore di musica fra i settecenteschi fervori artistici monteleonesi, a Salvo. Partenio ed ai Mamone appassionati divulgatori di musica sacra a Tropea. Ma già, fin dal 1652, come ha ricordato B. Croce, a Cosenza il poeta Carlo d'Aquino aveva tentato l'opera musicale col piccolo melodramma <<Orfeo>>, ed a Tropea Ottavio Glorizio, suscitava molto entusiasmo per il teatro e la musica.
Non mancano nella cronistoria paesana altri accenni, spesso di costruttori d'organi e di strumenti; ma quasi sempre questi costruttori erano ottimi esecutori ed entusiasti dell'arte, erano i discendenti dei Donadio di Mormanno, fino a quel Marco de Callo che in pieno '500 costruiva a Napoli organi e viole; erano monaci musicisti come Gerolamo Capodiferro organaio a Seminara ed a Messina, esumato dai documenti del Perroni Grande; erano religiosi e umanisti che riempivano di cori e di manifestazioni le cattedrali barocche della Calabria, o che si recavano in Napoli per farsi conoscere e perfezionarsi o per rivelare invenzioni meravigliose in quei tempi, come quella dell'abate Domenico Galeota, che, nella seconda metà del 700, suscitava il fanatismo partenopeo con i suoi <<campanili armonici>>, per cui con mantici agitati da pedali e tastiere di ottone stese su e giù, - come ha scritto Cesare Malpica - si sentivano suonare campanelle, piattini, timpani, organi, contrabassi; cembali, pianoforti, tutta un'orchestra, posta dall'industre ingegno calabro in quel sacro strumento.
S'intende che di molti artisti nostri è svanito perfino il nome; anche la virtù musicale dei migliori si è scolorita rapidamente nel ricordo delle generazioni, come si dileguavano lo stesso suono dei loro organi e la voce del loro canto, sotto le volte delle nostre chiese, circondate dalla solitudine opprimente.
Pure, è probabile che, come dalle sagaci ricerche del Di Giacomo nei libri dei vecchi Conservatori di Napoli sono emersi alcuni nomi di <<figliuoli>> che provenivano dalla Calabria, da Palmi, da Oppido, da Pizzo, da Gasperina, da Morano, da Cosenza, e di cui certamente alcuni dovevano darsi alla musica, così dalle vechhie carte delle nostre cattedrali, e chiese importanti si possono ricavare tanti altri nomi di organisti e cultori nostri della musica sacra. Bisognerebbe iniziare la raccolta delle nostre memorie musicali.
E non sarebbe vano; non sarà vano, perchè da quelle memorie, come dai primi tentativi lirici della vecchia Calabria, ne viene un senso di ambiente, necessario e logico per la formazione di vividi e appassionati talenti, che la Calabria ha pur veduto nascere e fiorire, sempre da quelle radici, e che alcune volte si sono imposti alla stima degli italiani.
Uno di codesti talenti nasceva, sul finire del sec. XVII a Strongoli, l'antica Petelia, nell'assolata Valle di Neto, ed aveva nome Leonardo Vinci.

 
                                                                                                                                                                                                          Leonardo Vinci