I Proverbi di Donna Sabella
di Giuseppe Berto (1977)
Donna Sabella va verso i settanta, la sua salute non è buona - tiene cardéca e alta pressione - i mesi dell'inverno li passa a letto o seduta in una grande poltrona, col braciere ai piedi e le amiche intorno. Quando viene la stagione, cioè l'estate, si alza e sfaccenda in cucina. Ha ristorante, bar e negozio di generi alimentari e diversi. Comunica allora anche coi turisti, i quali peraltro non la capiscono, perchè essa parla soltanto il dialetto: con grazia, intelligenza, saggezza. Conosce tanti proverbi - ne pubblico solo una scelta - e afferma che i proverbi calabresi sono tutti veri, e questo può benissimo essere, essendocene alcuni che dicono il contrario di altri. Donna Sabella, coi proverbi, esprime opinioni meteorologiche diverse da quelle propugnate da agenzie di viaggio e assessorati al turismo, secondo i quali in Calabria il sole splende sempre, e c'è un'eterna primavera. Prima Natali no friddu e no fami - doppo Natali friddu e fami. In effetti, in Calabria l'inverno arriva tardi e tardi muore. C'è un legame tra il freddo e la fame, e tra il caldo e l'abbondanza. Un altro proverbio dice: Avaru cu spragaru -ad agustu sugnu o paru, cioè in agosto, quando si raccoglie, l'avaro e il prodigo si trovano nella stessa condizione, ma a Natale il prodigo s'è già mangiato il raccolto, e cominciano per lui i mesi dell'inverno, che è lungo ed aspro. U friddu i marzu -trasi int'u cornu du voji: il freddo di marzo penetra fin dentro il corno del bue, cioè in un luogo pare sia molto difficile penetrare. Ferràru curtu e amaru si dice, come in altre regioni. Però la Calabria ha questo di buono: è difficile trovarvi, anche in pieno inverno, un'intera giornata senza squarci di sereno, e infatti c'è una poesiola che dice:
fevraru havi la frevi frevi havi cu frevi misi iu sugnu u gnuri di tutti i misi l'arburi jiuriscino i fimmini s'abbelliscinu e i gatti fanno 'amuri.
Cioè: febbraio ha la febbre, e ora abbia febbre chi febbre ci mise -chi gli ha fatto una così cattiva fama - io sono il signore di tutti i mesi, gli alberi fioriscono, le donne s'abbelliscono, e i gatti fanno l'amore. Donna Sabella non è femminista - o lo è gagliardamente: che si sappia, non è mai salita su di un'automobile - e la sua opinione sulle donne è disastrosa. L'uomo è una nave che porta ricchezza, la donna la dissipa. Na navi carriando -e na fimmina sciundendo -non riescerenu: una nave trasportando, e una femmina spendendo, non riuscirebbero, ossia la nave non ce la farebbe a compensare lo sciupo. I figghji fimmini -su come gutti 'e vinu: -vannu cacciati a lu mattinu: le figlie femmine sono come botti di vino: vanno cacciate presto, proverbio che riesce ad essere sconfortante sia per le femmine che per il genuino vino locale, in quale in effetti, se non viene bevuto più che in fretta, diventa aceto. Le femmine d'oggi, poi, sembrano essere anche peggiori di quelle d'un tempo: I fimmini d'aguannu -su comu i fica 'i 'mbernu -non trovano u si maritano -e jistiminu u Pataternu: le donne d'oggi sono come i fichi d'inverno - che sono cosa insipida e inutile - non trovano chi se le mariti, e bestemmiano il Padreterno. Comunque, I figghji su d'a mamma e La casa è d'a fimmina, che è precisamente ciò che le femministe non vorrebbero. E si va di male in peggio quando s'afferma: Pimmu s'arricchi 'nci voli -o lascitu o rilascitu - o na bona incornatura: per arricchire ci vuole o lascito o donazione, o un bel paio di corna. Non mancano poi i buoni consigli. Cu voli anda -e cu no comanda: chi vuole una cosa vada di persona, e chi non la vuole incarichi un altro. Amaru cu non si raspa -a testa cu i mani suoi: sorte amara per chi ricorre agli altri, e non si gratta la testa con le proprie mani. Poi bisogna stare tra uguali: Cu paru non pigghjia -malu si consigghjia. Diffidare di quelli che, per una ragione o per l'altra, cambiano condizione: Diu u 'ndi libiri -d'i poveri arriccuti -e d'i ricchi impoviruti. Cu simina chiova -nommu vaci scauzu: chi semina chiodi non vada poi scalzo, che è un bell'avvertimento, data la vicinanza delle zone di mafia, e il progressivo espandersi d'una tale forma di reggimento. L'omertà è una virtù. almeno quanto la prudenza: Cu è surdu, orbu e taci -campa cent'anni in paci. Per una efficace educazione dei figli, o della moglie, occorre intervenire a tempo: Addirizza u magghjiolu - quand'è figghjuolu: raddrizza l'arbusto finchè è giovane. In ogni caso il tempo mette a posto tutto: Lignu stortu -u focu l'addirizza.
U' matrimoniu -è calatu du cielu, ma non è detto che sia un festa duratura. Cu ammazza u porcu -è contentu n'annu -cu si marita -è contentu nu juornu. L'ironia arriva a sfiorare il cielo, nella costatazione che U Signuri 'nci manda -u pani tostu -a cu non havi denti, e nella preghiera che i tropeani innalzavano a San Francesco di Paola: Provvidìti i pruvvidùti -ca i poviri simu imparati: pensate ad aiutare chi ha, perchè noi poveri sappiamo cavarcela.
Da tutti i proverbi sembra levarsi un senso di rassegnazione, adattamento, contentarsi del poco. Anche i ricchi partecipano della stessa miseria del povero, l'intera società e irrimediabilmente legata all'ambiente. Non c'è spiraglio. Qualcuno, tuttavia, può coltivare speranza: Cu havi lingua -vaci 'nsino a Rruma: chi sa parlare arriva fino a Roma. Una volta ci arrivavano i preti dalla parola facile, oggi più comunemente ci arrivano deputati e senatori, alcuni dei quali poi vengono fatti perfino ministri.