Il Canonico Tranfo è la persona più anziana al centro della foto. Il terzo alla sua sinistra è un giovanissimo Don Armando Granelli

IL CANONICO
FRANCESCO TRANFO

A cura di TropeaMagazine

(da un articolo di Oreste Camillo Mandalari tratto dalla "Gazzetta di Messina" del 7 ottobre 1932)


E' morto, giorni fa, improvvisamente, nella sua natia Tropea, dopo aver subito una grave operazione chirurgica, compiuta dall'on. prof. Caminiti, e dopo aver resistito, per ben due ore, allo strazio dei ferri chirurgici, con una fortezza d'animo e una rassegnazione cristiana da destare la ammirazione di 6 medici, già suoi discepoli che spontaneamente hanno voluto assisterlo nella triste bisogna.
Compiuta l'operazione felicemente (almeno così sembrava...) fra il giubilo dei parenti, degli amici, dei discepoli, degli ammiratori della sua dottrina e della immensa sua bontà, tutto era avviato per i floridi sentier della speranza...la guarigione pareva vicina, sicura quando...
Parlare adesso, di Lui, mentre ancora gli occhi sono velati di lagrime e la commozione ci fa nodo alla gola non è cosa facile, soprattutto perchè egli fu l'ultimo rappresentante di una generazione di dotti creata e cresciuta sotto l'egida e la cura di un piissimo e dottissimo Vescovo di Tropea, Mons. Luigi Vaccaro, calabrese di Fuscaldo, benedettino cassinese che, dal 1871 fino al 1887 cioè fino alla sua morte, con sforzi giganteschi e sacrificii grandissimi tentò di dare e diede veramente al clero tropeano una nuova anima, fatta tutta di pietà e di bontà e una nuova mente, fatta tutta di dottrina varia, casta, e veramente soda.
Egli viveva nel Seminario, a contatto diretto con i suoi discepoli, con i quali conferiva in latino (e ne venne una bella schiera di latinisti come si dirà) e passava le notti i giorni studiando, lavorando amando beneficando tanto che ancora vive a Tropea (città molto bella, molto ricca di cose storiche, circondata da panorami incantevoli, ma molto trascurata!) un asilo infantile da lui fondato e al suo nome, ancora oggi, intitolato.
L'episcopato di Mons. Vaccari, a Tropea, rappresenta, senza dubbio una vera epoca storica per quella vetusta e nobile diocesi e rappresentante di essa viveva solamente e unicamente il cantore Francesco Tranfo (l'altro dotto e pio epigono: Mons. Giuseppe Loiacono e Vescovo di Ariano di Puglia) che fu, in questa amenissima e antichissima cittadina, per oltre 50 anni, un autentico educatore e un vero benefattore.

Biografia
Francesco Tranfo nacque a Tropea il 14 luglio 1859, dal nobile Fabrizio e dalla nobilissima Eleonora Toraldo, discendente da quel nobile e valoroso Gaspare Toraldo Barone di Badolato.
Ancora seminarista e più precisamente da diacono, il Tranfo - a cui Mons. Vaccari voleva bene, come figlio - fu adibito, in Seminario, allo insegnamento del latino e del greco alle classi ginnasiali - siamo verso il 1880 - che poi continuò fino alla morte, per oltre 52 anni, con passione grandissima e come un vasto apostolato di bene. Il 16 marzo 1882 viene ordinato sacerdote. L'8 settembre 1887 riceve la Bolla, che lo nomina canonico prebendario di S. Tommaso extra moenia.
In data 20 agosto 1898 Mons. Taccone Gallucci, vescovo di Nicotera e Tropea, lo eleva al grado di cantore della cattedrale tropeana. E con quest'onore la sua Carriera ecclesiastica è chiusa.
Seguono, quindi, gli oneri e da quello che s'è potuto leggere fin'ora, fra le sue carte, egli ebbe diversi incarichi.
Nel gennaio 1888, dal sindaco del tempo, Barone, viene autorizzato a tenere aperta al culto la chiesa degli ex liquorini - prestando l'opera sua gratuita.
Il 14 nov. 1896 viene confermato professore di lettere, nel seminario, con lire 200 annue di stipendio.
Il 15 ottobre 1903 la Congregazione di S. Michele lo chiama, ad unanimità di voti, a suo Rettore.
Il 3 novembre 1907 dal vescovo di Nicastro, Amministratore Apostolico della Diocesi di Tropea, viene invitato a tenere cattedra di teologia dommatica ai chierici del seminario.
Mons. Leo, il 22 novembre 1910, l'eleva all'ufficio di teologo, temporaneamente.
Il 30 gennaio 1911 e il 6 luglio dello stesso anno, su invito del Vescovo, fa da esaminatore pro-sinodale e il successivo 23 luglio assume la carica di deputato della commissione tridentina ad negotia per il seminario vescovile diocesano e il 16 dicembre 1921 (è l'ultima traccia degli incarichi avuti) dall'attuale Vescovo Mons. Cribellati, viene chiamato membro della commissione esaminatrice per il concorso della parrocchia di Nicotera Marina.
L'Associazione dei Benemeriti Italiani (Palermo) il 22 gennaio 1883 lo nominava socio corrispondente, premiandolo con relativa medaglia di argento, e la vetusta Accademia degli Affaticati di Tropea, sorta ai primi del 1600 e della cui fine nessun tropeano, anche mediocremente colto, sa darvi notizia, il 9 giugno 1901 lo nominava suo socio, perchè <<nec iagenti solum praestantia, sed et humanarum literarum eruditione, atque assiduis, accuratisque scientiarum studiis excultissimum esse intellixerimus>> e il diploma porta questa firma: Eques Aloysius Barone - Allaborantium Accademiae Princeps.
E tutta l'attività, scientifica e letteraria, di quell'Accademia, dove si trova? Chi ne possiede i verbali e i documenti? Per quanto si sia indagato nessuno ha saputo, a Tropea, darci notizie precise ed esatte.
Di questo colto tropeano, presidente degli Affaticati, cav. Luigi Barone abbiamo sott'occhio dei sonetti di buona fattura lirica, pubblicati il 19 dicembre 1899 in un numero unico, per il giubileo sacerdotale di Mons. Domenico Taccone - Gallucci e sarebbe da augurarsi che altri di proposito indaghi e scriva sull'Accademia degli Affaticati di Tropea (portava per motto l'ovidiano: agendo indefessus, ecco la denominazione di affaticati) nell'interesse della storia della cultura calabrese nel medio evo e della storia, in generale, della nostra terra natia.

Pertransiit benefaciendo
Ei visse operando il bene, unicamente il bene, sempre il bene, senza ambire ricchezze, onori, soddisfazioni di carriera o di titoli, quando benissimo poteva insegnare la lingua latina in qualsiasi università del regno ed aspirare di salire molti gradini nella scala sociale.
Non desiderò nulla, non chiese mai nulla a nessuno, le vie tortuose di come si briga, di come si sale, anche con meriti grandissimi di dottrina, come i suoi, gli furono ignote e anche questo accresce l'ammirazione per la sua santa memoria e il suo nome suona caro e riverito per tutti i tropeani, senza distinzione di classi e di categorie.
Il cantore Tranfo, che il suo vecchio amico, Mons. Lojacono Vescovo di Ariano nel telegramma di condoglianze alla famiglia: <<illustrazione clero tropeano>> fu un umile, che visse amando e beneficando gli umili, mentre nel suo cervello, portava una vera miniera d'oro, di cui lasciò segni tangibili ovunque, in ogni campo del sapere, come epigrafista e come latino, come creatore sacro, come professore anche di scienze sacre.
 

Il latinista
Mons. Cribellati, prelato insigne e benemerito della Diocesi tropeana, scrivendo le proprie condoglianze alla famiglia Tranfo nota, con dolore: <<il Seminario piangerà il decano illustre del suo corpo insegnante e la Diocesi intera lo ricorderà Maestro insigne e valente. Desidero che tutti sappiano che il Vescovo gli voleva molto bene e che piange oggi dinanzi alla bara!>>
Questa è la verità: con Lui scompare un maestro insigne e valente, che conobbe la lingua latina, interamente, profondamente, in tutte le sue difficoltà e in tutte le sue sfumature, tanto da poterla anche parlare come il natio dialetto.
Nel 1890 compose e pubblicò: Quantum Latinis litteris italici scriptores debeant, per cui Tommaso Vallauri, principe dei latinisti italiani, gli scriveva da Torino che <<si augurava che in Italia molti coltivassero le lettere latine, come il canonico Tranfo>>. E come si rileva da una sua domanda, in data 15 aprile 1893, al Ministro della pubblica Istruzione, questo giudizio lusinghiero del Vallauri gli valse ad ottenere l'autorizzazione ad insegnare privatamente ad alunni ginnasiali in un suo istituto privato, che portava il nome glorioso di Alessandro Manzoni.
E l'insegnamento fu la sua unica, vera, grande, iesausta passione! Dal 1880 al 1932, per oltre mezzo secolo, educò diverse generazioni al culto delle lettere e delle cose belle, raccogliendo - unico conforto! - larga messe di gratitudine, ma trascurando di dare un'opera organica, come frutto duraturo del proprio, vastissimo, non comune ingegno.
Invece, su giornali, su riviste su numeri unici locali, secondo le richieste e l'occasioni, profuse senza risparmio un tesoro di bellezza in epigrafi e poesie latine, in epigrafi e poesie italiane, senza la cura di raccogliere e tenere presso di sè i propri scritti, tanto che, adesso, per poterne parlare, ci venne in ausilio la cortesia di amici, ammiratori, alunni e parenti suoi, su cui primeggia il molto reverendo arciprete Iannelli, che seppe apprezzare e conservar diverse pubblicazioni, ormai introvabili.
Nel gennaio 1890 Tropea volle commemorare la morte del Principe Amedeo, Duca d'Aosta, ed egli vi concorse con una bellissima epigrafe latina, che tacitianamente finisce così: <<illi - sic vivendum sic moriendum - sabaudo sanguine creto>>.
E' una definizione, bellissima e patriottica, fatta in tempi poco belli per le relazioni tra chiesa e stato. Comunque questo denota che il canonico Tranfo fu un patriota, vero e sincero, lontano da ogni spirito settario.
L'opuscolo che porta detta epigrafe ha per titolo: In morte di S. A. R. il Principe Amedeo - Duca d'Aosta - Monteleone - Tip. Passafaro - 1890.
Un altro opuscolo,che contiene una sua magnifica epigrafe latina, che riguarda un suo maestro: magister mi desideratissime, egli lo chiama, ha per titolo: In morte dell'arcidiacono Gaetano Iannelli - Palmi - Tip. Lopresti - 1902.
Il 27 settembre 1892, nella cattedrale di Tropea, leggeva un Elogio funebre di Maria Concetta Taccone Gallucci, che raccolto in libro, fu pubblicato, nello stesso anno, a Milano, dalla Tipografia L. F. Cogliati.
Un altro suo elogio funebre, pensato e scritto, si direbbe, col cuore, porta il titolo: Orazione in morte del decano Giuseppe Barone -Tropea - Tip. Coccia e Buongiovanni - 1908. Per Mons. Vaccari scrisse un'elegia, pubblicata nel libro: Mons. Luigi Vaccari - Tropea - Tip. Vescovile - 1925 -, mentre un suo epigramma breve, elegante e concettoso sullo stesso argomento, era stato pubblicato dalla rivista: Vita Nuova, nel suo numero di giugno 1923, e una epigrafe sua si legge sulla tomba del santo vescovo, posta nella cattedrale tropeana, dove, appena si entra, a destra, si legge un'altra sua (il canto del cigno, perchè fu l'ultima!) a proposito del giubileo sacerdotale di Mons. Cribellati e del restauro del tempio stesso, con data 8 settembre u. s.....
Nel settembre 1927 ricorreva il settimo cententinario del martirio dei sette frati minori, calabresi: Fra Daniele di Belvedere, frate Angelo, fra Samuele, fra Donnolo di Castrovillari, frate Leone e frate Nicola di Corigliano e frate Ugolino di Cerisano, e il convento francescano di Tropea chiese al pio cantore Tranfo di scrivere, in latino, tre inni, da recitarsi a mattutino e a vespro, e da essere inseriti nell'ufficio, Li scrisse, sul metro degli inni della chiesa, ed i suoi discepoli riferiscono che, nel seminario Pio X di Catanzaro, essi sono stati molto lodati e molto ammirati; per il contenuto e per la forma. Peccato che ancora corrano, inediti, per le mani di pochi, col pericolo che vadano dispersi e dimenticati!
Come è da augurarsi che moltissime epigrafi che si leggono nel cimitero di Tropea e in altri luoghi della Calabria, prova del suo alto ed eletto ingegno e dell'animo suo squisito siano raccolte e pubblicate perchè siano conservate all'ammirazione dei posteri e il suo nome benedetto non perisca ed egli possa gioire, nella sua tomba, s'è vero - come canta Foscolo - che giusta di gloria dispensiera è morte /!/ E Giacomo Leopardi rincalza con amarezza: virtù vita sprezziam, lodiamo estinta!!!
Abbiamo voluto scrivere questo perchè a quest'anima generosissima, che credette tutti buoni e che visse di amore, di pietà e di studio, la perfidia umana non lo risparmiò..tanto che un dotto e pio prelato, Mons. Domenico Taccone - Gallucci, da Napoli, in data 5 agosto 1907, gli scriveva: <<la mia stima pel vostro preclaro ingegno e per altri vostri rari pregi si accresce anche da lontano>>.
E da Roma il 6 nov. dello stesso anno: <<la vostra ultima lettera mi ha commosso grandemente. E' un temporale da me previsto, quando lasciato la diocesi. Ma non dovete scoraggiarvi, perchè è probabile che, superate le circostanze attuali a Voi contrarie, sarete tenuto in considerazione pel vostro bello ingegno>>, mentre il 19 dicembre successivo gli diceva: <<cotesta illustre cattedrale ha bisogno di assiduo servizio ed anche con la vostra dottrina la onorate>>.
E ancora, da Roma, il 10 dicembre 1908 aggiunge: <<la iscrizione latina, che vi siete compiaciuto comporre, l'è stupenda per la forma, in cui si ammirano la parità della lingua, la bellezza delle frasi e la bontà dello scrittore.
Non siete forse uno dei migliori latinisti di Calabria, per non dire altro? In questo tempo d'imposture e di reclame siete poco conosciuto nel mondo letterario, ma pochi (lo dico per la verità) vi possono superare>>.
Oh assai ben detto!
Ma quanti, a Tropea, fra i suoi compaesani, fra i suoi amici, fra i suoi parenti stessi, sono compenetrati di questa verità!?
Un conforto solo, per la sua perdita, si trova e ce lo da la parola evangelica del salmisa, che ammonisce: in memoria aeterna erit iustus.
 

RIMBENIU!
Nel 1886, Il Canonico Tranfo compose su di un foglio manoscritto la bellissima traduzione della "Resurrezione" del Manzoni in dialetto tropeano. La pagina fu rintracciata da Oreste Camillo Mandalari presso lo studio del Canonico, fra un cumulo di carte, dietro indicazione di Mons. Giuseppe Lojacono, tropeano e Vescovo di Ariano Irpino nonchè amico intimo del Tranfo. La composizione poi fu pubblicata dal Mandalari  per la prima volta nel 1934.
 
 

R I M B E N I U !


1

Rimbeniu e nci la fici
A lla morti lu Signuri:
E ruppìu li porti i pici
E vincìu lu Ridenturi
Li Iudei, e lu sacc'io;
E lu juru subba a Dio
Cca Gesù risuscitò

Rimbeniu e lu sciancau
Lu linzolu a morza a morza;
Rimbeniu e lu votau,
Senza mancu mu si sforza,
Lu cuverchiu di nu xiancu:
Comu a nu mbriacu stancu,
Lu Signuri smarinò.

Comu quandu nt'a furesta
Ncarchidunu rocculia,
Si risbigghia e di la testa
Ncarchi frasca scotulìa,
Chi di n'arburu vicinu
Cu lu ventu du matinu
Chianu chianu nci volò;

Daccussi lu Dio putenti
Chiia macina schiacciava,
Comu fussi ch'era nenti,
Comu quandu t'a jocava;
Di lu Limbu nchi venìa
E a Santu chi dormìa:
Iunta, dissi, mo pi mmò!

E Sdraele dormigghiusu
A chij'ura chi dicia?
Lu Signuri nchianò susu,
E lu Celu ndi l'apria!
O minchiuni, e c'aspettati!
No cchiu jerrami non ghiati!
Lu Signuri ndi sarvò!

Di lu Celu era mbarrata
La porteja e la scasciò;
Cal'o Limbu, e a na vrancata
Tutti i Santi s'afferrò;
Lu suspiru di li genti,
Chi scarpisa lu Serpenti
Chi lu mundu libirò!

2

Ed e vecchi chi cuntaru
Tuttu quantu avia mu mbatti;
Comu u tata o focularu
Cunta e figghi tanti fatti,
Lu Signuri cumparìa:
E  diciti, nci dicia,
Ca mo vegnu, e lu jurò.

E mo Geu, e mo Saia
Quantu voti ed hai mu cridi!
Nduvinaru ca venia;
E Daneli? ti nd'arridi,
Si ti dicu ca cuntau,
Fina e jorna e la nzertau,
E di n'ugna no sbagghiò!

Spaccau l'arba, e, chi duluri!
Matalena e li cumpagni
Si ciangianu lu Signuri!
Chi vidisti! Li muntagni
Traballaru, e la bruttura
Di la guardia, da paura
Nta li cauzi si cacò!

N'angiuleju, oh bejizza!
Nta la fossa cumparia!
Oh chi Suli! Oh chi janchizza!
Di tri migghia stralucia!
E a Maria, chi nci spiau:
Statti allegra, si votau,
Cca non nc'è, si ndi volò!

No ntenimu cchiu stu mussu,
E cacciamundi stu luttu,
E vistimundi di russu:
Jetta, o previti, stu bruttu
Nighirumi, e venitindi,
Veni, canta a missa e dindi
Ca Gesù risuscitò!

Di l'ataru mo si canta;
Sciala, o beja mia Maria,
Lu Signuri, chi s'avanta
Mu ti chiama: mamma mia!
L'avia dittu e rimbenia
Prega tu pi nnui! c'attìa
Nno po ' diri Dio ca no!

 

3

Nta la cresia oggi, o frati,
L'allegrizza ti cunsola;
Oggi è bonu mu jocati,
Mu l'a jetti na vrasciola;
No mmu nc'è po' narchiduna
Ncarchi mamma spilorciuna,
Chi li figghi non ngalò.

No nza mai ca lu pizzenti
Oi di fami à pi mmu ncama:
Allu riccu non c'è nenti,
Ca nci manda mu si sbrama;
Ca nci manda ncalchi trigghia,
Nu sotizzu, na buttigghia,
C'a la tavula restò.

Ma non fari poi nu chiassu,
Pi mmu nqueti a GesùCristu,
Ah gnornò! lu veru spassu
Di lu bonu non è chistu:
Si diverti, ma s'allesti
Carchi cosa p'autri festi,
Pi la beja Eternità.

Mbiat'iju! Quantu fici
Alla morti si lu vidi:
Ma chi nd'è di lu mpelici
Piccaturi! non s'abbidi
Di lu mali e di l'erruri!
Ah cu spera nt'o Signuri
Cu Signuri si ndi va!