PER UNA NUOVA LETTURA
DELLA CATTEDRALE MEDIEVALE
DI TROPEA
ATTRAVERSO FONTI INEDITE
 
 

di Matilde Zinzi
 




     Fig.5. Cattedrale di Tropea. Interno

Ciò che mi ha spinto ad affrontare la ricerca sulla cattedrale di Tropea è stata la mancanza di studi a riguardo e l'isolamento dell'edificio dal contesto dell'architettura romanica del Sud. L'edificio è assente nella storiografia ottocentesca straniera e italiana, continua ad esserlo nell'opera di Emile Bertaux, ed è oggetto di una sola citazione nell'opera di H. M. Schwarz1.
I pesanti interventi alternativi che nel tempo l'edificio ha subito, sintomo del gusto e della cultura delle diverse epoche lo hanno estraniato dal già poco noto corpus architettonico medievale calabrese. Ancora oggi, dopo una importante campagna di restauro eseguita dal 1926 al 1930, non esiste uno studio approfondito sulla cattedrale tropeana.
La mia ricerca si è basata su tre tipi di documentazione: archivistica, iconografica e materica, vale a dire relativa ai valori dell'organismo architettonico considerato nel tempo, come gli altri due tipi di fonti.
L'indagine sulle fonti storiche ed archivistiche, ha pochi supporti nell'area medievale, se si eccettuano notizie sulla diocesi in genere. S'infittisce dal Cinque-Seicento agli inizi del secolo attuale, consentendo di recuperare le vicende proprie delle strutture architettoniche.
Le iconografie raccolte si collocano tra tardo Seicento e primi decenni del Novecento. In particolare, ai fini del mio lavoro, fondamentali sono alcuni rilievi e progetti di restauro degli anni Trenta, inediti, che mi hanno guidato verso la lettura di un organismo considerato finora totalmente artefatto.
La ricerca archivistica, svolta presso l'Archivio Segreto Vaticano, l'Archivio della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Ambientali di Cosenza, l'Archivio di Stato di Catanzaro, e la consultazione di documenti resa possibile dalla cortesia e disponibilità di Mons. Francesco Pugliese, che desidero qui ringraziare vivamente, ha permesso di ricostruire le fasi vitali dell'organismo e di riportarlo nel contesto dell'architettura romanico normanna meridionale con una sua particolare connotazione che la stacca dal mondo architettonico calabrese per condurla verso edifici sorti fra Campania e Sicilia permeati di influssi ed elementi architettonici circolanti nel bacino del mediterraneo a testimonianza dell'assai fecondo scambio di diverse culture, che ha caratterizzato la vitalità e la capacità innovativa del mondo medievale anche per la Calabria.
Nell'ambito delle fonti documentarie, un prezioso contributo per la lettura diacronica di interventi costruttivi operati sull'edificio tropeano, è costituito dalle Relationes ad limina che periodicamente i vescovi erano tenuti a redigere. Attualmente sono pochissime e tarde le relazioni conservate nell'archivio della Curia locale, mentre fortunatamente è possibile consultare le copie depositate nell'Archivio Segreto Vaticano. Tale situazione di assenza di documenti nell'archivio tropeano era già stata riscontrata dal Kehr nel momento in cui si apprestava a redigere la sua opera2.
La ricerca in Vaticano mi ha permesso di raccogliere dati ed elementi utili per seguire nel tempo vicende costruttive, interventi, persistenze dell'organismo originario o definitive mutilazioni.
La prima relazione è del febbraio 1590 e il vescovo Girolamo Rustici (1570-1593) afferma di aver egli stesso costruito il seminario e descrive la sacrestia come optime ornata, ricca di vasi di argento e paramentii in seta e oro3.
Quattro anni dopo il vescovo Calvo (1593-1615) la ritiene satis angusta e disordinata. Interessante la sua affermazione della inesistenza di un campanile ripetuta due anni dopo nella relazione di un vicario che inoltre descrive la magnitudo della chiesa e la cita la meliorem formam acquisita da poco4. Probabilmente si tratta di un riferimento alla trasformazione del corpo absidale con l'abbattimento delle tre absidi originarie e la creazione di un lungo coro che sopravviverà fino al 1927, quando intervengono i restauratori Angelo Vitale e Pietro Lojacono5. Nella stessa Relatio si riferisce di avvenuti spostamenti di arredi sacri all'interno della cattedrale sub tribuna e tale struttura è di nuovo documentata nel 16006.
Nel 1615 viene citata la cappella del SS. Sacramento satis splendidam et ornatam, una delle strutture accorpate al fianco sud dell'edificio7.
A causa delle piccole dimensioni dell'antica sacrestia, il vescovo Caracciolo (1615-1626) intraprende i lavori per crearne una nuova  e ricostruire il tetto della chiesa, vetustati collapsum8.
Durante il vescovato Calvo viene costruita una struttura ipogeica nella zona presbiteriale adibita alla sepoltura dei vescovi; la notizia è data dall'Ughelli e trova conferma nel fatto che nelle relazioni sei e settecentesche è ricordato il coemeterium al di sotto del coro9. E' molto probabile che per la realizzazione dell'<<essiccatoio>>, sia stato sfruttato il vano della cripta che pare logico ipotizzare esistente sin dalla costruzione originaria della cattedrale per comparazione con altre cattedrali normanne del tempo10.
Dal 1673 (vescovo Aloisio Morales) è la testimonianza relativa all'erezione a fundamentis di un campanile a sezione quadrata cum eleganti et cospicua structura, che ha comportato la spesa di ter mille aureos. Vengono realizzati lavori al contro soffitto di tavole nella cappella del SS. Sacramento e al suo frontispitio all'esterno della parete sud della cattedrale11.
Nel 1689, dato che l'edificio in multis considerabili reparatio indigebat, il vescovo Pigueroa (1685-1691) provvede con proprie spese, a restauri alle fabbriche e ad affreschi sulle superfici murarie12.
Interventi di un certo impegno e che senz'altro mascherano le strutture originarie dell'interno, sono registrati nel 1735 ma già la chiesa ha subito molte modifiche nella parte presbiteriale. Il vescovo napoletano Gennaro Guglielmini (1732-1750) fa riparare e restaurare la copertina delle navi e costruire un formosus fornix coadiuvato dalla consulenza e dalle istituzioni di <<periti>> napoletani13.
Nel 1740 lo stesso vescovo descrive i lavori di elevazione delle pareti dell'edificio e di esecuzione della struttura voltata. Prosegue con la costruzione di due ali laterali con arcate cum debita simetria. Dota di portale marmoreo scolpito a Napoli l'accesso laterale nord cum statua superposita Beatae Mariae Virginis de Romania e acquista paramenti serici color cremisi pro ornandis coluis navis Ecclesiae14. Il rilievo con la Vergine e il Bambino è quello tuttora visibile sulla porta del lato settentrionale dell'edificio fra due arcate del secondo ordine.
Sono questi interventi, oltre alla già avvenuta trasformazione del corpo absidale, a mutare definitivamente l'aspetto antico dell'organismo sorto in epoca normanna.
Nel 1754, per il vescovo Felice Paù (1751-1782), la chiesa è ampla et eleganter extructa; il presule fa costruire una comoda scala per passare dall'episcopio alla cattedrale sostituendo la precedente scala angustissima situata in un luogo non idoneo15. Allo stato attuale, tale elegante struttura è nascosta in un ambiente a cui si accede passando sotto la torre campanaria dell'interno della navata meridionale ed è mozzata nella parte superiore da un solaio di recente costruzione.
Lo stesso vescovo esprime il desiderio di costruire un nuovo seminario e un nuovo palazzo episcopale e afferma di aver posto la prima pietra già da un anno. Purtroppo i trentuno anni del vescovato Paù sono per l'edificio anni di abbandono e incuria; pare che egli sia responsabile anche dell'esportazione dall'archivio di antichi documenti e preziosi libri, nonchè di tele e oggetti di valore16. Alla sua morte (novembre 1782), i canonici del capitolo ed i sindaci di Tropea inoltrano suppliche al re di Napoli affinchè si conceda lo spoglio del defunto vescovo e la <<rendita della vacanza>> per intraprendere lavori di riparazione e restauro della cattedrale17. Dalla lettura del documento la cattedrale appare sprovvista degli infissi e di porte, di vetrate; il presbiterio è stato privato della balaustra lignea, vanno rifatti il tetto e il pavimento e anche le due navi minori <<sovrastano imminente rovina>>. Il documento è del gennaio 1783. Un mese dopo un fortissimo terremoto scuote la Calabria e parte della Sicilia.
E' del 1795 la Relatio che descrive i lavori post-terremoto; è del vescovo Vincenzo Monforte (1786-1798).
Al suo arrivo ha trovato la chiesa excissa per terraemotum ma ha restaurato l'altare maggiore, la tribuna, la balaustra del presbiterio18.
Degli importanti documenti, che attestano l'intervento dei Normanni, nella costruzione della cattedrale o forse nell'ingrandimento di un primo impianto, sono stati pubblicati da Vito Capialbi a metà Ottocento19. Si tratta di tre privilegi datati 1066, 1094 e 1154, rispettivamente firmati da Roberto il Guiscardo, Ruggero duca di Puglia, Calabria e Sicilia, e da re Guglielmo. In particolare in quello del 1094 Ruggero dichiara: <<... dedi etiam plateam meam ad illuminandam ecclesiam...>>; la frase potrebbe far pensare ad un ampliamento della sede episcopale.
I diplomi sono ricordati anche in due documenti vescovili del XVIII secolo. Nella relazione dell'anno 1757, il vescovo Paù cita il documento del 1099 e nel 1795 il vescovo Monforte spiega come oltre a conservare tali antichi documenti, essendo ben consapevole della loro importanza, si sia preoccupato della loro trascrizione20.
Allo stato attuale i privilegi sono dispersi; il Capialbi ne aveva a disposizione una copia notarile del 1619.
Ancora nel 1804 il vescovo Gherardo Mele (1798-1817) ricorda il disastro del 1783 e come l'edificio venne risanato in integrum. A lui spetta l'onere di aver provveduto alle vetrate e ad una nuova copertura della chiesa che viene curata e tenuta in splendido stato. Gli altari, la cattedra episcopale, il coro, la tribuna, il fonte battesimale, e gli organi sono considerati dal presule ricchi ed eleganti21.
Sono trascorsi sessantacinque anni da quando la cattedrale  ha profondamente mutato l'aspetto assunto tra Cinque e Seicento, e ha recuperato in parte quello che doveva essere il suo stato originario ideato e voluto dai suoi commitenti e costruttori. Fino al 1926 l'edificio si presentava con tutte le trasformazioni, gli ampliamenti, le stesure di intonaci che obliterando la parte originaria agli occhi degli studiosi lo avevano estraniato dall'ambito della storiografia e quindi da un'analisi storico-artistica. Oggi, con la ricerca d'archivio e con l'attenta lettura delle relazioni di restauro accompagnate da importanti rilievi eseguiti dagli architetti restauratori, si può dar luce ad interpretazioni e analisi delle strutture di quest'edificio, cercando di capire se e fino a che punto l'intervento del restauratore ha compromesso la leggibilità del manufatto.
Le trasformazioni più importanti che l'impianto originario subisce coinvolgono la sua zona presbiteriale; esse consistono nell'abbattimento delle tre absidi terminali (il cui perimetro medievale è però rimasto conservato in fondazione e in parte anche in alzato) e nella costruzione in asse con l'abside centrale medievale di un profondo coro finestrato e in prosecuzione delle absidi minori di due cappelle. Queste due strutture, come risulta dal rilievo planimetrico del Lojacono edito nel 197122, hanno una copertura a cupola e allo stesso periodo della loro progettazione credo possa essere attribuita la cupola al centro del transetto. Per la collocazione cronologica di tali lavori è da tener presente la relazione precedentemente citata del 1596 in cui si parla della melior forma che il modellum della cattedrale ha assunto23.


Fig.1. Cattedrale di Tropea. Fiancata nord esterna

E' nel 1926 che si decide l'intervento sulle strutture della cattedrale tropeana che hanno subito forti danni nei terremoti del 1905 e del 1908. Il soprintendente Galli affida subito i lavori all'architetto Angelo Vitale a cui tardi subentra Pietro Lojacono. Attraverso le loro relazioni e i loro rilievi possiamo seguire le varie fasi d'intervento e comprendere le perplessità e le scelte operative a cui andavano incontro i tecnici.


Fig.2. Cattedrale di Tropea. Fiancata nord esterna

Attraverso i saggi del Vitale viene alla luce sulla fiancata nord esterna la serie di arcate cieche e l'insieme di elementi decorativi costituiti da materiale di diverso colore (figg. 1, 2) e all'interno, nascosti dalle colonne e dai pilastri settecenteschi, emergono i pilastri a sezione ottagona collegati nella parte superiore alle arcate a sesto acuto dalla doppia ghiera. E' del 1971 la pubblicazione di uno studio del Lojacono che riassume le operazioni eseguite e descrive il recupero del perimetro originario delle absidi allineate (fig. 3). Dell'abside nord restava in alzato una piccola parte24.


Fig.3. Cattedrale di Tropea. Absidi

Nelle relazioni di restauro è documentato il ritrovamento di strutture medievali quali arcate, pilastri, finestre, resti di pavimentazione; ogni cosa è descritta minuziosamente e viene misurata e fotografata.
Negli stessi anni Trenta sul prospetto dell'episcopio, a piano terreno, vengono ritrovati degli archi acuti; si tratta di un portico che si innesta al muro di facciata della chiesa (fig. 4). Il suo restauro sarà eseguito nel 1937 da Armando Dillon.
Gli interventi sulla cattedrale sono stati spesso oggetto di accuse e hanno condizionato l'approccio degli studiosi all'edificio costituendo un ostacolo insormontabile. Ma ad un'attenta osservazione, risulta chiaro ciò che è frutto dell'intervento dei restauratori e ciò che è invece legato alle strutture originarie dell'edificio. Per rendere riconoscibili le parti risarcite o totalmente ricostruite sono stati impiegati conci in calcare la cui superficie in vista è stata scalpellata e dallo spessore maggiore o minore rispetto ai conci originari. Tale procedimento è stato seguito sia all'interno sia all'esterno; sul prospetto principale è ben evidenziata la zona verso nord, più aggettante e così all'interno, negli intradossi delle arcate e nelle ghiere delle finestre. E' l'esecuzione delle istruzioni di Angelo Vitale contenute nella relazione e nei suoi progetti.
Ecco l'interno della cattedrale come appare ancora oggi, dopo questo iter di trasformazioni, interventi e recuperi (fig. 5) che, anche se ha forse avuto dei risvolti negativi spiegabili anche con la mancanza di mezzi e con la diversa preparazione rispetto a quello che comporta oggi un vero restauro scientifico, ha però svelato ai nostri occhi un episodio affascinante ed unico nel contesto architettonico medievale della Calabria.
Analizzando l'impianto planimetrico caratterizzato da un'ala trinavata con absidi curvilinee terminali prina di transetto, è immediato il riferimento a modelli dell'area campana e soprattutto alla chiesa abbaziale di Montecassino che aveva in Tropea un'antica cella sin dall'altomedioevo, oggi Santa Maria dell'Isola. La soluzione interna dei pilastri mostra contatti con la matura fase del regno normanno e a questa fase pare vada riportato tutto l'impianto strutturale con la sequenza di bucature ed elementi decorativi ove si manifesta il gusto arabo siculo e forse in parte anche campano.

NOTE
1 Cfr. H. W. SCHULZ, Denkmaler der Kunst des Mittelalters in Under-italien nach dem Tode des Verfassers herausgegeben von F. Von Quast, Dresden 1860; O. MOTHES, Die Baukunst des Mittelalters in Italien, Jena 1884; D. SALAZARO, Studi sui monumenti dell'Italia meridionale dal IV al XIII secolo, Napoli 1887; E. BERTAUX, L'art dans l'Italie méridionale de la fin dell'Empire Romain à la Conquéte de Charles d'Anjou, I, Paris, 1903; H. M. SCHWARZ, Die Baukunst Kalabriens und Siziliens in Zeitalter der Normannen I: Die lateinischen Kirchengrundungen des II Jahrhunderts und der Dom von Cefalù, <<Romisches Jahrbuch fur Kunstgeschicte>>, VI (1942-44), ed. 1946.
2 P. F. KEHR, Italia Pontificia, X ed. Girgensohn-Holtzmann, Turici 1975, p. 38.
3 Archivio Segreto Vaticano, Sacra Congregazione del Concilio (d'ora in poi: ASV.SCC.), Relationes 820A, 23 febbraio 1590, cc 239v. e 240r.
4 Ibidem, 3 aprile 1594, c, 378v. e 6 novembre 1956, cc. 395r. e 396r.
5 Per i due tecnici cfr: A. VITALE, La resurrezione del duomo di Tropea, <<Brutium>> V (1926), n. 12, pp. 1-2 e P. LOJACONO, Il duomo di Tropea in Calabria, in Festschrift fur Wolfang Kroenig, Aachen, 1971 pp. 36-47.
6 ASV.SCC., Relationes 820 A, 1 ottobre 1600, c. 312v.
7 Ibidem, 23 ottobre 1615, c. 328v.
8 Ibidem, 25 gennaio 1620, c.342r.
9 F. UGHELLI, Italia Sacra sive de episcopis Italiae, et Insularum adjacentium, rebusque ab iis praeclare gestis..., Venetiis 1721, IX, col. 449.
10 Sull'argomento, cfr. C BOZZONI, Calabria normanna. Ricerche sull'architettura dei secoli undicesimo e dodicesimo, Roma e G. OCCHIATO. La Trinità di Mileto nel romanico italiano, Cosenza 1994.
11 ASV.SCC., Relationes 820 A, 20 febbraio 1673, c. 121r.
12 Ibidem, 11 febbraio 1689, c. 158r.
13 Ibidem, 28 novembre 1735,, c. 67r.
14 Ibidem, 28 dicembre 1740, c. 71r.
15 Ibidem, 8 maggio 1754, c. 107v. e 108r.
16 V. CAPIALBI, Memorie per servire alla storia della Santa Chiesa Tropeana, Napoli 1852, p. 59.
17 Archivio di Stato di Catanzaro. Cassa Sacra. Segreteria Pagana, b. 29, fasc. 654, Diligenze praticate in sequela di Ricorsi umiliati a... Rodio da Reverendi Canonici, e Regimentari della città di Tropea, coerenti alle Riparazioni, e Sacri arredi... di bisogno nella chiesa Cattedrale, cc. 6n., Tropea 2 gennaio 1783.
18 ASV.SCC., Relationes 820 A, 20 giugno 1795, cc. 2nn.
19 CAPIALBI, Memorie per servire...
20 ASV.SCC., Relationes 820 A, aprile 1757, c. 114r. e 9 gennaio 1795, c. 189r.
21 Ibidem, 30 luglio 1804, c. 228r.
22 Cfr n. 5 supra.
23 Cfr n. 4 supra.
24 Cfr n. 5 supra.
 



 

 
 
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