SPILINGA
di Giuseppe Ferraro
Santuario della Madonna delle Fonti Spilinga sorge su una collina alle falde del Poro nell'immediato retroterra di Capo Vaticano. Secondo gli storici l'etimologia del toponimo civico <<Spilinga>> deriva dal greco spéligka, spelonca; spélinka, caverna; spélakon, mitréo. E' comunque certo che nelle immediate adiacenze dell'abitato vi sono delle grotte, la più importante delle quali è la grotta della Madonna delle Fonti, originariamente forse una Laura Eremitica basiliana1. Altre grotte, quasi tutte naturali, portano ancora i segni degli eremiti che le scelsero come rifugio e luogo di preghiera2. Nel versante sud vi sono invece le grotte delle Fate e di Favo, nelle quali sono stati ritrovati reperti dell'età neolitica. La storia di Spilinga è prevalentemente legata alle vicissitudini storiche di Tropea, della quale fu casale fino al 1807. In seguito al decreto istitutivo dei Comuni del 4 maggio 18073 venne elevato a capuologo di Circondario e gli venivano assegnate le frazioni di Carciadi4 e Panaja (la Tuttasanta dei Bizantini)5. I briganti Vizzarro e Orlando Una nota storica interessante merita il Capitano Andrea Orlando (Spilinga, 26 settembre 1776-San Ferdinando (RC), 21 ottobre 1862), passato dalla leggenda alla storia essendo stati ritrovati, recentemente, documenti relativi alla sua vita6. Di questo personaggio gli storiografi ci tramandano le sue gesta di brigante insieme e a quelle di Francesco Moscato detto il <<Vizzarro>> di Vazzano, dal quale si staccò per passare al servizio dei francesi quando del Vizzarro non condivise più le imprese sanguinarie. La chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista7 è stata ricostruita sui resti di quella che fu distrutta dal terremoto del 1783. Una testimonianza storica relativa all'edificio è rappresentata da un'incisione posta sul frontale del secondo gradino della scala d'ingresso laterale dove si legge, tra l'altro, l'anno <<1645>>. Si tratterà forse di un frammento di granito che costituiva un'architrave della chiesa distrutta nel 1783, pertanto, andrebbe rimossa per essere collocata in un luogo più fruibile. Di pregevole valore storico-artistico è l'altare maggiore in alabastro e granito, probabilmente opera di scalpellini locali. Purtroppo è stato più volte rimaneggiato e oggi si presenta ricoperto di una patina di gesso laccata. L'opera risale al 1878, come risulta da una iscrizione posta sotto la mensola dell'altare nella quale si legge: <<SUMPTIBUS PUBLICIS ARCHIPRE. / SCIP. PETRACCA ALTARE HOCCE ERECTUM 1878>>. Nella cantoria, sopra l'entrata principale, vi sono i resti dell'organo storico le cui dimensioni sono le maggiori degli strumenti sopravvissuti nelle chiese della diocesi di Tropea. Nei pressi della chiesa della Salve Regina vi è un vecchio acquedotto ad archi, in pietra da taglio, che sembra rievocare gli antichi acquedotti romani. Venne costruito alla fine del secolo scorso su interessamento del sindaco di Ricadi per convogliare l'acqua del Poro nel ricadese. Da tale opera è dipesa l'economia di Ricadi e del suo territorio per lunghi decenni. Il vecchio acquedotto Lungo il torrente Vattinderi, nei pressi dell'acquedotto or ora menzionato, sono state ritrovate delle tombe romane, mentre nella località denominata <<Aramoni>> vi era una necropoli. L'economia è oggi a base agricola e zootecnica. In passato veniva allevato il baco da seta e fino a qualche decennio addietro si coltivava la canapa che, una volta pettinata, veniva tessuta a mano con antichi telai di legno.
La 'nduja Le principali produzioni riguardano: grano, mais, uva, olive ecc.. Negli ultimi anni c'è stato un notevole incremento della lavorazione delle carni suine il cui prodotto prelibato è la 'nduja, salame piccante a base di carne e pepe rosso. Sono molto prelibati anche il capicollo e la soppressata. La <<Sagra della 'nduja>>, che nel 2000 conterà la ventiquattresima edizione, ha un nutrito programma di manifestazioni culturali, sportive e folcloristiche. La <<Sagra>> si conclude con il ballo in piazza del <<Camejuzzu i focu>>(pirotecnico) che simboleggia la cacciata dei Saraceni da Tropea e dai suoi casali.
NOTE 1 Documenti storici che attestano la presenza di insediamenti basiliani si hanno a partire dal 1275. Per S. Maria de Cripo o della Grotta si veda: F. RUSSO, Regesto Vaticano per la Calabria, Roma, 1974, numeri 1195, 2049, 3232, 4224, 5460, 5814, 7717, 8583, 11323, 21451, Francesco Russo ci dà notizia anche di una chiesa denominata S. Maria de luso che secondo il rev.mo sac. Giacomo Petracca era adibita a luogo per la sepoltura dei morti (cfr. F. RUSSO, op. cit.,numeri 17885 e 17888). Si ha notizia anche del monastero basiliano di S. Costantino a Panaia (cfr. F. RUSSO, op. cit. nn. 10399, 11104, 11349, 12553, 12559, 12584, 12586, 12588, 12596, 17542, 17556, 17622, 17939, 18913, 22985, 24494).
2 Una testimonianza è data dalla grotta di <<Santu Liu>> (S. Leo) nella valle tra Spilinga e Caria dove nella parete rocciosa <<[...] vi sono affrescati i cinque misteri gaudiosi del rosario e una crocifissione. Ignoti vandali hanno asportato di recente la figura del bambino delle scena della natività. La grotta, ora pressochè inaccessibile per la selvatichezza del luogo, dovette servire da ricovero fino al secolo XVI [...]>> (P. RUSSO, Tropea, MCF Editore).
3 G. VALENTE, Dizionario dei luoghi della Calabria, Frama Sud, Chiaravalle Centrale 1976, vol. 2°, p. 1057.
4 P: D'AGOSTINO, Appunti per una ricerca su Tropea e i suoi casali nell'età moderna, in A.A.V.V., <<La Calabria dalle riforme alla restaurazione, <<Atti del VI Congresso Storico Calabrese>>, Società Editrice Meridionale, Salerno 1981, vol. 2°, pp. 103-135. Oltre ad una chiarificazione del ruolo storico del brigantaggio in Calabria nel decennio francese,Pasquale D'Agostino fa un esame approfondito delle vicende demografiche e morfologiche del territorio con riferimenti specifici su Carciadi e Spilinga, in origine due paesi che in seguito si fusero. Cfr. anche P. RUSSO, Appunti per una ricerca di storia demografica ed economica su Tropea e il suo territorio, in A.A.V.V., La Calabria dalle riforme alla restaurazione, <<Atti del VI Congresso Storico Calabrese>>, Società Editrice Meridionale, Salerno 1981, vol. 2°, pp. 583-633. In tale lavoro l'autore documenta la rivolta dei Casali del 1722 che partì da Carciadi, inoltre, viene documentato l'andamento demografico, la vita religiosa e sociale di quel paese.
5 F: PUGLIESE, Tropea e la sua terra, Grafica Meridionale, Vibo Valentia 1974, p. 59.
6 P. D'AGOSTINO,op. cit. p. 130 e seguenti. Cfr. anche B. POLIMENI, Andrea Orlando, brigante di Monte Poro, <<Calabria Letteraria>> XXXII 81984, nn. 10-12, pp. 106-107.
7 Il primo documento che attesti l'esistenza della chiesa di S. Giovanni Battista è datato 30 agosto 1470. In tale documento sono riportate altre due chiese parrocchiali: S. Nicola di Condorchidoni e S. Maria di Carchinadi (Carciadi). Le tre parrocchie erano affidate alla cura del sacerdote Antonio De Cerullo. Condorchidoni era un villaggio ubicato, presumibilmente, in località Lisu di Livasi e fu sepolto da una frana generata da un abbassamento tettonico (Ipotesi avanzata dall'Ing. Michelangelo Pontoriero in seguito a rilievi geologici). Gli abitanti sopravvissuti ripararono nei pressi dell'abitato di Spilinga e vi eressero la chiesa di S. Caterina.