Tropea: Palazzo Adesi (Ex Convento dei Domenicani).
IL CONVENTO DI
SANTA MARIA DELLE GRAZIE
O DI SAN DOMENICO

di Carlo Longo
 


Tropea nei secoli XV e XVI era la città più popolosa ed attiva di tutta l'attuale provincia di Vibo. Era logico, ancor prima di programmare espansioni nelle campagne, che i domenicani di Calabria progettassero di insediarvisi. La dinamica della fondazione è molto articolata. Essi tentarono molte vie, spesso inutilmente; cambiarono sede molte volte. Molti loro progetti furono dovuti ad intraprendenza privata di qualche frate, anche estero, capitato in quella città per i motivi più disparati. Quando finalmente si giunse a un insediamento stabile ciò potè avvenire ed esso potè consolidarsi - fenomeno strano per quel contesto storico ed economico - grazie all'appoggio e alla generosità dei vescovi e del capitolo della cattedrale, spiegabili solamente con il potentissimo ruolo ricoperto nei centri del potere da domenicani nativi del luogo, coi quali era opportuno mantenere buoni rapporti.
Una prima notizia di sporadiche presenze di frati in città risale alla seconda metà del secolo XV, forse al 1480, ma non conosciamo altri dettagli per specificare dove essi si fossero insediati, che durata avesse avuto la loro iniziativa1. Il 6 luglio 1506 esisteva in città già una comunità strutturata, anche se composta da pochi membri. Il maestro generale, Vincenzo Bondello di Castelnuovo (1501-1506), mentre si trovava in visita in Calabria e precisamente nel convento di San Domenico di Cosenza, a quella data accettava per la congregazione di Calabria il locus di Tropea e istituiva vicario di esso il messinese fr. Pietro Pisano, uno dei promotori della fondazione2. Ma sembra che anche questa ebbe vita effimera.
Tre anni appresso, infatti, il 2 maggio 1509, il nuovo maestro generale, fr. Tommaso de Vio, autorizzava tal fr. Tommaso di Spagna a fondare un convento in quello che era stato il monastero benedettino di Santa Maria dell'Isola. L'iniziativa suscitò opposizioni da parte dei francescani che fino a qualche tempo prima avevano abitato in quel convento e lo stesso generale, a stretto giro di posta, il 17 giugno seguente revocò tutte le facoltà concesse. Il 2 agosto 1511, però, quando i francescani avevano ormai abbandonato l'idea di mantenere quel luogo, autorizzò fr. Marco di Fiumefreddo a risiedere in quell'antico monastero, a patto che esso non fosse considerato un convento dell'ordine e che egli vi vivesse da privata parsona3.
Andati a vuoto tutti questi tentativi, un decennio appresso si cercò un inserimento nel cuore della città, presso le cui mura esistevano una chiesa ed un ospedale forniti di rendite, che in passato erano stati di patronato di tal Pier Paolo Bonsaulis e tal Benedetto Goarnes - questa dizione dei due cognomi riportata nella bolla papale è improbabile -, i quali per molto tempo avevano usurpato quegli introiti e lasciato decadere i locali dell'ospedale. A un certo punto, per non aver  rimorsi di coscienza, avevano presentato al vescovo il nome di un rettore, tal Corrado Mahoni, che durante la sua vita gestisse quel beneficio, ma con la prospettiva, formalizzata giuridicamente, che esso fosse utilizzato per la fondazione di un convento di frati, agostiniani o domenicani.
Alla morte di quest'ultimo il vicario generale dei domenicani di Calabria, fr. Tommaso di Figline, inviò dei frati per entrare in possesso di rendite e locali, abbandonati e fatiscenti, e rivolse una supplica al papa affinchè fosse autorizzata così la fondazione di un convento a Tropea. Clemente VII (1523-1534) con bolla del 29 gennaio 1524 acconsentiva al cambiamento di destinazione di quelle proprietà ed approvava il progetto. Ma anche questo tentativo fallì, o perchè i beni erano poco consistenti e neanche sufficienti per restaurare chiesa ed ospedale o perchè altri su di essi poterono vantare diritti più forti a discapito di quelli dei domenicani4.
Passò un altro decennio ed entrò allora in scena un illustre frate tropeano, fr. Teofilo Scullica, la cui carriera si mostrava molto promettente e il cui ascendente avrebbe potuto sbloccare la situazione. Questi il 18 agosto 1534 fu autorizzato dal maestro generale, Giovanni du Feynier (1532-1538), a trattare con il vescovo di Tropea, allora il napoletano Giovanni Pappacoda (1499-1536), al fine di impiantare finalmente un convento in quella città5. Sembra che ci fossero buone prospettive, se il 22 seguente veniva istituito fr. Vincenzo di Catanzaro - è colui che aveva fondato il convento di Soriano? - vicario di quel nuovo insediamento a decorrere dal momento in cui si fosse ottenuta l'autorizzazione papale6.
Fr. Teofilo rimase a Tropea forse per un triennio, finchè non ritornò a insegnare a Napoli e le sue conoscenze napoletane e poi, nel decennio successivo, il potentissimo ruolo ricoperto presso la corte papale, riuscirono a sbloccare quella situazione che si trascinava da circa cinquant'anni ed i domenicani a Tropea poterono avere un luogo stabile dove abitare, anche se fuori della città. Con fr. Teofilo tutti si mostrarono generosi, anche i vescovi, che di norma non vedevano di buon occhio queste fondazioni, ma sapevano bene che la sua amicizia era preziosa e la sua inimicizia avrebbe potuto essere molto dannosa.
Così i frati ottennero dalla mensa vescovile, che in quel momento ne era la proprietaria, la chiesetta di Santa Maria delle Grazie, posta vicino al mare, sulla strada per Parghelia, non lontana dalla foce del torrente delle Grazie e da una torre, attigui alla quale c'erano dei locali appartenuti a delle monache bizzoche, chiamate clarissine7.
Il 1° novembre 1540 vi fu istituito vicario8 un altro illustre e potente domenicano tropeano, fr. Marco Lauro9. Come era successo per Briatico, forse anche in questo caso ci fu il tentativo di sottrarre la fondazione che stava realizzandosi alla giurisdizione dei domenicani di Calabria, la cui circoscrizione nel 1530 era stata eretta in provincia. Il capitolo generale di Roma del 1542, però, ribadì la dipendenza del locus di Tropea dalla normale giurisdizione del provinciale della regione10.
L'adattamento dei locali delle Grazie o addirittura la loro ricostruzione necessitavano di investimenti di capitali, non sempre facilmente reperibili. Il 1° giugno 1553, quando era già provinciale, fr. Marco Lauro fu autorizzato a destinare a quello scopo delle somme di denaro provenienti dal ministero della predicazione che egli aveva svolto11. I lavori andarono per le lunghe e dovettero passare alcuni decenni prima che si potessero avere le strutture adatte per ospitarvi una comunità di frati organizzata.
Nel 1568 il capitolo della cattedrale di Tropea donò ai domenicani un giardino di sua proprietà, posto tra il convento e il mare12. Finalmente il capitolo generale di Roma del 1571 potè erigere canonicamente quella comunità come convento13, mentre papa Gregorio XIII il 23 giugno 1581 confermava quell'erezione14.
Tropea. Chiesa di Santa Caterina.Quest'atto presupponeva che esso avesse le rendite sufficienti per mantenere almeno dodici frati; ma viene censito come convento solo attorno al 1575, mentre nelle altre liste dei conventi domenicani calabresi degli ultimi decenni del secolo XVI esso viene annoverato tra i loci, segno che il numero dei residenti era inferiore15. Nel 1607 fu stabilito che vi potessero vivere dodici frati16, ma essi erano otto nel 1613, anche se esso era stato restituito al rango di convento ed aveva una rendita di 300 ducati17; un decennio appresso era rimasto invariato il numero dei frati, mentre le rendite ammontavano a trecentocinquantuno ducati18. Evidentemente quanto veniva risparmiato alimentando un numero ridotto di membri della comunità continuava ad essere speso per i lavori di costruzione del complesso conventuale, ancora in corso nel 1650, quando, però, vi vivevano già dieci frati19.
Tropea. Chiesa di San Giuseppe.Questi abitavano in un luogo distante dal centro, impervio e franoso. Ciò nondimeno si dedicavano all'attività educativa, impartendo regolarmente lezioni ai ragazzi e giovani della città. Di quest'insediamento, distrutto poi dalle frane, oggi non rimane nulla; solamente una campana, chiamata Giannona o Capitolare, fusa nel 163020. Ancora nel secolo XVIII non era stato risolto il problema numerico della comunità. Il convento appariva come priorato titolare, nel quale c'era sì un priore, ma, dato che non vi risiedevano i dodici frati richiesti, egli non aveva voto nei capitoli provinciali. Questo diritto gli fu conferito nel capitolo generale di Roma del 1721, non perchè fosse aumentato il numero dei membri della comunità, ma facendo un'eccezione alla regola comune21.
Finalmente nel 1752 i domenicani tropeani poterono entrare in città. Il vescovo Felice Paù (1751-1782), appena giunto nella sua diocesi trasferì il seminario diocesano in nuovi locali. Il vecchio edificio dal capitolo della cattedrale fu ceduto ai frati, che subito lo riadattarono per le loro esigenze, costruendo anche una chiesa, decorata con pitture di soggetto domenicano ancora esistente22. Sopravvenne, però, il terremoto del 1783, quando a Tropea abitavano solamente due religiosi, che non subirono danni alle loro persone23, mentre la loro chiesa fu danneggiata nella cupola. Con la successiva soppressione della Cassa sacra, nel 1796 i locali conventuali furono acquistati dalla famiglia Adesi, che li trasformò in palazzo. La chiesa fu divisa in due parti; il coro con l'abside furono staccati dal resto dell'edificio e dati alla confraternita di San Giuseppe e oggi formano la chiesa omonima; la navata fu ceduta al parroco di Santa Caterina per le esigenze culturali della sua parrocchia, che in quella città continua a custodire gli ultimi ricordi della presenza domenicana24.
 

NOTE

1 V. CAPIALBI, Memorie per servire alla storia della santa chiesa tropeana, Napoli, 1852, p. XXIII.
2 AGOP, IV, 17, f. 83v. Cfr C. LONGO, Fra' Matteo Bandello e la Calabria in <<Calabria sconosciuta>>, XII (1989), n. 44, pp. 40-41.
3 DE VIO (MOPH, XVII), pp. 159, 162, 176.
4 BOP, IV, pp. 428-430. Cfr. RVC, III, p. 343 (n. 16389).
5 AGOP, IV, 24, f. 151r, edito in TAURISANO, p. 69.
6 AGOP, IV, 24, f. 151r.
7 M. PALADINI, Notizie storiche sulla città di Tropea, Catania 1930, pp. 116-117. D. TACCONE GALLUCCI, Monografia delle diocesi di Nicotera e Tropea, Reggio Calabria 1904, p. 128.
8 AGOP, IV, 24, f. 465v.
9 Era nato a Tropea nel 1510 ed era fratello maggiore del cardinal Vincenzo Lauro (1525-1592). Nel 1530, già frate, era stato inviato a studiare a Roma. Acta capitulorum generalium, IV (MOPH, IX), p. 236. Nel 1539 partecipò come definitore al capitolo generale di Roma ed in quell'occasione fu confermato il magistero in teologia che aveva già conseguito. Acta capitulorum generalium, IV (MOPH, IX), pp. 267, 280. Intervenne come teologo al primo periodo del concilio di Trento (1545-1547). A. WALZ, Elenco dei padri e teologi domenicani nel concilio di Trento in <<Angelicum>>, XXII (1945), p. 38. Ritornato in Calabria nel 1548 fondò il convento di Girifalco. FIORE, II, Napoli 1743, p. 393. FORTE, 1650, IV, p. 548. Quindi, in data imprecisabile, fu priore del convento di San Domenico di Cosenza e, quindi, provinciale dei domenicani in Calabria. UGHELLUS, VII, Venetiis 1721, col. 458. Come provinciale partecipò nel 1553 al capitolo generale di Roma, Acta apitulorum generalium, IV (MOPH, IX), p. 339. G. L. ESPOSITO, San Domenico di Cosenza (1447-1863) (<<Memorie domenicane>>, n. s., V), Pistoia, 1974, pp. 337-338. Ricopriva forse ancora questa carica, quando il 16 dicembre 1555 fu eletto vescovo latino dell'isola greca di Santorini. VAN GULIK-EUBEL, III, p. 291. RVC, IV, pp. 273-274 (nn. 20389-20391). Probabilmente si recò a governare la sua diocesi, dato che in quei cinque anni non ci sono tracce di sue presenze in Italia. Ma il 20 gennaio 1560 fu trasferito a quella di Campagna e Satriano, in Campania. VAN GULIK-EUBEL, III, p. 293. RVC, IV, p. 312 (nn. 20750-20751). Dovette, però, subito assentarsi di questa nuova sede, per recarsi alle ultime sessioni del concilio di Trento, dove giunse l'8 giugno 1561 e al quale partecipò attivamente, ricoprendo anche la carica di segretario del concilio. RVC, IV, p. 335 (n. 20956). WALZ, p. 34. Morì nel 1571. VAN GULIK-EUBEL, III, p. 293.
10 Acta capitulorum generalium, IV (MOPH, IX), p. 294.
11 AGOP, IV, 31, f. 171r.
12 CAPIALBI, Tropeana, pp. XV-XVII.
13 Acta capitulorum generalium, V (MOPH, X), Romae etc. 1901, p. 136.
14 L'originale nell'Archivio di Casa Capialbi di Vibo Valentia. RVC, V, pp. 71-72 (n.2381). CAPIALBI, Tropeana, p. XV. Secondo il regesto edito il papa confermava l'erezione di un convento, fondato nel 1561 dal vescovo Pompeo Piccolomini (1560-1560). Senza l'analisi dell'originale non sapremmo come spiegare l'incongruenza.
15 LONGO, 1613, p.225.
16 FORTE, 1650, IV, p. 581.
17 LONGO, 1613, p. 177.
18 AGOP, XIV, lib. F, p. 804.
19 FORTE, 1613, IV, p. 581.
20 TACCONE GALLUCCI, Nicotera e Tropea, p. 128.
21 Acta capitulorum generalium, VII (MOPH, XIII), Romae, p. 414.
22 TACCONE GALLUCCI, Nicotera e Tropea, p. 128. PALADINI, p. 117.
23 VIVENZIO, II, p. 3.
24 TACCONE GALLUCCI, Nicotera e Tropea, p. 128. PALADINI, p. 117.