di Carlo Longo
Chiamato dalle fonti fr. Theophilus de Calabria o de Tropaea, era nato a Tropea agli inizi del Cinquecento ed era entrato tra i domenicani nel convento di San Domenico Maggiore di Napoli. L'incarico conferitogli nella sua città natale è il primo documento che ci parli di lui, ancora probabilmente molto giovane ed anche molto promettente. Il 13 settembre 1537 fu nominato maestro di studio e lettore di arti - cioè professore di logica e di filosofia - sia degli studenti domenicani sia dei secolari nello studio di San Domenico di Napoli per l'anno 1537-38, mentre per l'anno seguente continuò a ricoprire la carica di maestro di studio. Il 24 marzo 1539 fu istituito commissario per la raccolta delle indulgenze in Sicilia e in Calabria per finanziare il capitolo generale che si sarebbe tenuto a Roma a maggio di quell'anno1. In quel capitolo fu esaminato e promosso per conseguire il magistero e fu istituito baccelliere ordinario - commentatore delle Sentenze di Pietro Lombardo - a San Domenico di Napoli per gli anni scolastici 1539-40 e 1540-412. Il 1° novembre 1541 stava progettando di recarsi a Parigi e veniva autorizzato a vendere libri acquistati con soldi di famiglia, mentre il 27 settembre 1541, terminato il suo incarico a Napoli, otteneva la facoltà di conseguire il magistero in teologia3. Non sappiamo se effettivamente si recò a ricevere quel titolo in Francia. Allora, però, a Parigi o in un'altra università, egli divenne maestro e, contemporaneamente forse, teologo del cardinal Gian Pietro Carafa di Napoli, poi papa Paolo IV (1555-1559)4. Nel 1542 papa Paolo III (1534-1549) creava l'inquisizione romana, chiamata comunemente il Sant'Uffizio. A capo di essa poneva tre cardinali, tra i quali il Carafa, ed alle loro dirette dipendenze come vero responsabile dell'ufficio, dai compiti ancora non definiti, un commissario generale o sotto-inquisitore. A ricoprire per primo questa carica, dietro suggerimento del cardinal napoletano, fu chiamato il suo teologo personale, fr. Teofilo Scullica. Egli contemporaneamente cominciò anche a insegnare teologia all'università romana della Sapienza ed allo stipendio di cento scudi, dovutogli come professore, i cardinali inquisitori chiesero al papa che per il suo prezioso servizio fosse aggiunto un altro sussidio di altri cento scudi5. La sua attività come sotto-inquisitore è narrata in A. MORTIER, Histoire des maitres généraux de l'ordre des frères Precheurs, V, Paris, 1911, pp. 405-407. L'unico suo scritto che ci rimanga è connesso con il suo ufficio di commissario ed è un classico ed il prototipo della letteratura antigesuitica. Si tratta di un'Informatio, redatta in volgare ed indirizzata ai cardinali inquisitori su Ignazio di Loyola e i primi gesuiti, nella quale tra l'altro si afferma che facevano <<cose che il diavolo non le farebbe>>. Essa, con puntigliose precisazioni e ovviamente con tentativi di confutazione, è stata edita da P. TACCHI VENTURI, Storia della compagnia di Gesù in Italia, I, II, Roma 1950, pp. 278-282. Morì a Roma, forse men che cinquantenne, nel giugno del 1551 e fu sepolto nella basilica di Santa Maria sopra Minerva6.
NOTE 1 TAURISANO, p. 69. 2 Acta capitulorum generalium, IV (MOPH, IX), pp. 279, 285. 3 TAURISANO, p. 69. 4 V. M. FONTANA, Sacrum theatrum dominicanum, Romae 1666, p. 521. 5 I maestri della Sapienza di Roma dal 1514 al 1787. I rotuli e le altre fonti, ed E. Conti (<<Fonti per la storia d'Italia>>, CXVI), Roma 1991, p. 21. RVC, IV, p. 169 (n. 19421). G. BUSCHBELL, Reformation und Inquisition in Italien um die Mitte des XVI. Jahrhunderts, Paderborn 1910, p. 300. TAURISANO, p. 69. J. CARAFA, De professoribus in Gymnasio Romano, II, Romae 1751, p. 457. 6 FONTANA, p. 541. Acta sanctorum maii, I, Parisiis-Romae, 1866, p. 627.