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Giuseppe
Maria Toraldo
dal "Calendario
d'oro" (1900)
Gli autori latini che più
amò furono
Orazio e Virgilio, dei quali
si rese emulatore,
e da cui imparò
quella sublimità di stile
che regna nelle sue opere.
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Giuseppe
Toraldo,
un
insigne umanista
di Antonio Bacci
Specialmente certe pagine idilliache o elegiache,
che sono la parte migliore e più viva
della Gerusalemme Liberata,
sono rese con una finezza di sentimento
e con una così accurata cesellatura di frase,
che fanno pensare ad altre pagine di Virgilio e di
Orazio.
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La
traduzione latina di Giuseppe Toraldo della Divina Commedia
di Salvatore Libertino
Don Peppino Toraldo, classe 1809, era troppo innamorato
del mondo classico fino a sentirsi parte integrante
di esso.
Pochi amici ma buoni, una passeggiata ogni tanto per
le
vie del paese, intere giornate rintanato dentro il
suo studio
per nutrirsi di tutto quello che di antico poteva
contenere
la monumentale biblioteca di famiglia.
Schivo di ogni clamore propagandistico e sempre lontano
da onori e ambizioni, era un uomo semplice e modesto
come la sua indole che lo accompagnò per tutti
i suoi
ottantanni di vita retta e esemplare.
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La
traduzione latina Di Giuseppe Toraldo
del
canto terzo dell'Inferno
di Salvatore Libertino
Il Toraldo non si limita a traslare in lingua latina
supinamente il verso dantesco ma una volta
impossessatosi di questo con grande autorevolezza
e dopo aver colto e assimilato quel linguaggio già
essenzialmente contenuto in eleganti terzine,
dimostra la capacità di condensarlo, quando
gli è possibile,
in armoniosi e ritmici distici elegiaci (due versi).
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