Case abbandonate della vecchia Papaglionti

PAPAGLIONTI
in margine ad un recente convegno
 

di Filippo Ramondino
(1998)


Il 27 Dicembre 1997 si è svolto a Zungri, nei locali della Scuola Elementare, organizzato dall'Amministrazione Comunale, un interessante convegno sul tema: Papaglionti, Villaggio Vacanze?
Hanno relazionato il prof. Donato dell'Università della Calabria e gli architetti Stefano Simoncini e Vanesio Veronesi dell'Università di Bologna.
Diversi fattori attirano l'attenzione verso questo piccolo centro agricolo del vibonese: il paese "fantasma", il clima bucolico, l'ancora inesplorato sito archeologico... Papaglionti, forse, rappresenta oggi una risorsa allo stato puro. Nel paese abbandonato sembra che il tempo si sia fermato all'epoca di quando si era più poveri, ma più felici...
L'esigenza di un recupero materiale rivela, senza dubbio, anche l'urgenza nel nostro tempo della restaurazione di un humus e di un habitat a misura d'uomo. Per questo motivo, più che la forma appare interessante la substantia, la sostanza, cioè "ciò che sta sotto", in profondità. C'è, dunque, una cultura da salvare, da valorizzare, da incentivare, da proteggere, da finanziare: la cultura contadina, la pietas spontanea, incarnata in una laboriosità feriale, ritmata dai cicli naturali del tempo e delle stagioni. Salveremo e valorizzeremo l'antico villaggio se anzitutto partiremo dalla ragione che lo giustifica, cioè la cultura contadina, che qui ancora si conserva come in un microcosmo nobilissimo. Qui c'è ancora una forma amica dell'uomo, finora non devastata dalla logica della città, c'è ancora una natura umanamente abitata, che può rispondere alla nostra nostalgia d'antichi sapori e odori, di una naturalità di vita feriale incontaminata. Se Papaglionti si dovesse ridurre solo ad un mercato per il consumo turistico, noi avremmo distrutto una cultura, un'isola di pace, costruiremo un "reliquario" non le condizioni per uno scambio vitale, contribuendo così alla logica della contraffazione, dell'artificiale, dell'innaturale, dell'usa e getta. Siamo convinti - e questa convinzione ci ha confermato il convegno insieme a tanto entusiasmo - che questa è una grande occasione. Ma è "grande" proprio perchè il progetto "Papaglionti: Villaggio vacanze" non può per sua natura rientrare semplicemente in una visione riduttiva e calcolante d'interessi economici e produttivistici, ma anzitutto in una ragione culturale, nel senso proprio del termine, allora avrà futuro, "è aleatoria un'idea senza una ragione che la giustifichi ed è sterile senza una struttura che la informi" (R. Herberg).
E' innegabile che nello sforzo culturale umano della nostra terra un ruolo essenziale lo ha svolto il cristianesimo nelle sue varie espressioni, creando un nuovo costume, una nuova spiritualità, un nuovo senso della società e dello Stato, nell'intento di far sì che la grazia portasse a compimento quanto è di buono, di bello e di vero nella natura umana. La centralità e la maestosità della chiesa rispetto ad ogni altro edificio dei nostri paesi era significativa. Ciò vale soprattutto per i piccoli villaggi, un tempo quasi del tutto emarginati e isolati. Anche per Papaglionti la chiesa fu sempre l'unica istituzione permanentemente presente, luogo di aggregazione, cuore della memoria, focolare d'umanizzazione, fonte di comunicazione e di formazione. Dunque riferimento non solo spirituale, ma sociale e umano, pur con tanti limiti e contraddizioni.
La circostanza del convegno e tali premesse ci hanno spinto ad approfondire la conoscenza documentaria su questa unica frazione del comune di Zungri, prov. di Vibo Valentia, di cui parlano il Barrio e il Fiore1. Alle interessanti notizie e al quadro generale ben presentato dal Pugliese2 noi vogliamo aggiungere lo studio di alcune fonti dell'Archivio Storico Diocesano di Mileto (ASDM) per una lettura della storia religiosa della comunità parrocchiale di San Pantaleone in Papaglionti, convinti che più di ogni altro fenomeno o evento la connotazione religiosa ha caratterizzato da sempre e particolarmente la storia di questo paesino dell'altopiano del Poro.
Leggendo le vecchie carte possiamo cogliere fra le righe sentimenti, odori e sapori, gioie e dolori, miseria e nobiltà, di antichi giorni ed età - che solo una superba presunzione riterrebbe superati -, è un'umanità che si consegna per lasciarsi interpretare dalla stessa ragione che l'ha giustificata. Ogni piccola storia diventa un tassello nella lettura o visione del grande mosaico che è la storia del mondo.
 
 


Ora restano le mura, gli archi e i silenzi

Pure il nome ispira un sorriso

Già il nome Papaglionti suscita curiosità! In realtà, secondo il Rohlfs3, rivela l'origine greco-bizantina: Papas Leontios, cioè Prete Leonzio. E il Pensabene4 precisa che Papaglionti, come Papasidero, Papaleo, ecc. sono tutti cognomi o toponimi derivanti da antroponimi di sacerdoti greci che, come è noto, si sposavano e hanno lasciato il loro nome agli eredi o alle loro proprietà.
Sappiamo che dal sesto secolo fino al 1060 la Calabria subì fortemente l'influsso di Bisanzio tanto da divenire una delle Provincie dell'Impero Bizantino. I monaci Basiliani, in un tempo politicamente difficile e umanamente immiserito, preservarono patrimoni culturali, alimentarono molto con la loro spiritualità la religiosità delle nostre popolazioni - lo stesso culto di San Pantaleone ne è una conferma - e favorirono anche con le famiglie dei contadini che vivevano attorno ai loro monasteri e cenobi - in luoghi spesso isolati e inaccessibili per allontanare le incursioni dei Saraceni - lo sviluppo dell'agricoltura, arginando fiumi, risanando paludi, costruendo strade.
Nei pressi di Mesiano esisteva un monastero intitolato a San Basilio, un altro dedicato a San Pancrazio era vicino a Briatico, con molta probabilità la stessa origine del culto a San Basilio nella vicina Cessaniti è dovuto a qualche cenobio basiliano; a Vena Superiore di Vibo c'è la cosiddetta grotta di San Leoluca, monaco basiliano, a Mantineo un monastero col nome di S. Maria5.
Anche i famosi ruderi archeologici nella campagna di Papaglionti, studiati dal Bisogni, Lenormant, Arslan, Crispo, De Lorenzo, Frangipane6, sono indicati nella memoria popolare con un nome caro all'agiografia basiliana: "grotta di S. Rosalia".
Si tratta di un'imponente struttura sotterranea con archi e volta a botte; "che ci risulti, nell'area del Poro almeno, è la testimonianza di epoca romana più rilevante e in migliori condizioni"7, possiamo ipotizzare che fu usata pure questa dai monaci basiliani, come era loro consuetudine, per cenobio.


Antico palazzo signorile ora deserto

Le più antiche fonti documentarie scritte

Se è indubitabile un insediamento molto antico a Papaglionti, attestato grazie ai resti archeologici, non conosciamo finora altro documento scritto prima del XIII secolo, Francesco Pugliese ha trovato menzione nei Registri Angioini, al vol. 23, del feudo di Papaleonte in possesso di Georgius De Romania nel 1280. Un altro documento è di Alfonso IV nel 1494 che "conferma al familiare Coletta Melia di Tropea il possesso del feudo rustico detto de Papaglionte sito nel tenimento di Misiano in Calabria"8.
 
 


Casa nobiliare

Le fonti ecclesiastiche presso l'ASDM e l'archivio parrocchiale

Il Concilio di Trento (1545 - 1563), obbligando i Vescovi a compiere periodicamente una Visita alle parrocchie delle loro diocesi, fece anche un grande servizio alla storiografia, poichè tali visite dovevano essere registrate, raccogliendone gli atti e altri documenti relativi.
Riguardo a Papaglionti nell'Archivio Storico Diocesano di Mileto (ASDM) possediamo fino alla fine del secolo scorso solamente gli atti di tre visite, ma fortunatamente tra queste c'è la prima, avvenuta nel 1586. Abbiamo altre informazioni, da questa data in poi, mediante altre carte varie le quali ci permetteranno di conoscere la storia religiosa del villaggio sotto diversi aspetti, e che potranno suggerire eventuali approfondimenti in ordine ad interessi antropologici, sociologici, etnologici, ecc..
 
 


Panorama dell'antica, deserta Papaglionti

Notizie sulla Chiesa e i Parroci tra il 1586 e il 1706

Quando il 17 giugno 1586 il Vescovo di Mileto Mons. Marco Antonio Del Tufo "visitò la parrocchiale chiesa del casale di Papaglionte sub vocabulo di Santo Pantaleone" essa faceva parte del vicariato di Mesiano. "Havendo entrato, visitò il Sant.mo Sacrame.to il quale si ritrovava dentro una custodia di legno di fuori indorata collocata sopra l'altare magg.re serrata con chiave, la quale havendo fatto aperire trovò un vaso di argento dentro il quale si conservava il sant.mo Sacramento, il quale altare non era consacrato, ma adornato di un paliotto di tela rossa, tre tovaglie, doi candalieri, et uno altaretto portatile".
Non c'era il fonte battesimale allora il Vescovo ordinò al rettore della chiesa d. Laurenzo Cacciatore che "fra termine di quattro mesi debbia fare un fonte di marmo o di altra pietra dura e sopra quella fare coperchio di legno guarnito di sotto di piastra di rame stagnata et sopra dare una cupola, sue truglia di tavole con le tre porte et chiavi per conservazione dell'acqua del S. Battesimo". Inoltre gli fu raccomandato che "nello ministrare il Sacramento dell'estrema unzione debbia portare il vaso dell'oglio dell'infermi dentro alcuna scatula di legno coverta di alcun velo di seta dentro la quale debbia ponere la bambagia con la quale si asterge l'infermo et quella poi in chiesa brugiare et la cinere reponere nel sacrario il quale continuamente debbia tener serrato a chiave a che debbia fare uno altaretto portatile". Il Vescovo ordinò pure al suddetto rettore di spiegare la dottrina cristiana e il vangelo secondo le capacità del popolo. La chiesa aveva il tetto, il lastricato, l'acquasantiera, le sepolture, le porte con serratura e una campana. In elenco poi appaiono i seguenti arredi liturgici: " una croce di ottone indorata, un censiero di ottone, un calice con coppa et patena d'argento, una pianeta di tela..., un camiso co' amitto et cingolo, un pallio di tela turchina... Gli oli santi si conservavano dentro li vasi di stagno appartati l'uno dall'altro in una fenestra serrata a chiava a man sinistra dell'altare maggiore". Riguardo le "robbe stabili", cioè i beni immobili della chiesa, d. Laurenzo Cacciatore rispose che "la detta chiesa non haveva robba stabile alcuna, ma la Un(iversi)tà del casale le dà la comunanza ad un prete che celebra messa et ministra li S. Sacramenti il quale sia approbato dall'ordinario"9.
Il Russo10 regesta due nomine, la prima è del 22 novembre 1636: "Vicario Generali episcopi Nicoteren. mandat ut Iulio Adilardi, pbro Nicoteren. Dioc., provideat de parochiali ecclesia S. Nicolai, loci vel casalia Comerconi, Nicoteren. Dioc., vacat ex eo quod Iulia Caesar de croi parochialem ecclesiam S. Pantaleonis, loci de Papaglionti, Militen. dioc., adeptus est. Dat. Rome, apud S. Mariam Maiorem, an. Etc. MDCXXXVI. X Kal. Decembris, Pont. Us. N. ri.. An. XIV Dignum arbitramur et congruum. (Reg. Lat. 1961. f.283v-284-ol.302v-303; Dat Aplca. Per Obitum F 48 f. 194v.). La seconda è dell'agosto 1648: "De parochiali ecclesia S. Pantaleonis, casalis Papaleonte, Militen. dioc. Cuius fructus XXIII duc., vac. Per ob. Francisci Ruffo, de mense octobris anni praeteriti def., providetur Antonio de Arena, pbro diocesano, approbato in concursu" (Dat. Aplca. Per Obitum F. 62. f. 125v Reg. Lat. A. IV, 1.7., f. 189). Il 26 aprile 1706 il Vescovo Domenico Antonio Bernardini incaricò l'arciprete di Briatico di fare visita canonica alla parrocchia di Papaglionti che era retta dal sac. Francesco De Amici, trovò ben ornato ed in ordine l'altare maggiore e l'altro dedicato a S. Anna, ordinò di imbiancare le pareti interne e di rinnovare la biancheria per la messa e - come troviamo scritto negli atti della Visita - "quia ecclesia est pauper, nihil aliud mandavimus", cioè essendo la chiesa povera non ordinò altro11.
 
 


Calvario del 1700 nella vecchia Papaglionti

Dopo il terremoto del 1783

Povera prima, lo divenne ancora di più dopo l'immane flagello del 1783, che colpì violentemente a più riprese la Calabria ulteriore, nel nostro villaggio ci furono due morti e 20 mila ducati di danni.
In questo periodo il Sacco registra Papaglionti come feudo della famiglia Pignatelli d'Aragona, duca di Monteleone12. In alcuni documenti degli anni seguenti risulta che il massaro Domenico Fiamingo chiede il permesso alla Curia, il 18 agosto 1794, per costruire in chiesa un sepolcro per se e per la sua famiglia ed eredi, essendo quasi pieni gli altri sepolcri; nel 1801, in seguito alla perizia per i bisogni della chiesa, vengono assegnati ducati 30 per la realizzazione di un nuovo sepolcro; nella stessa perizia leggiamo che esistevano due sepolcri danneggiati dal terremoto, non c'era il campanile e inoltre "l'altare maggiore è rotto dal tremoto e vorrebbe ristorato, spesa duc. 10. Lo soffitto vole chiodato..."13. Le cose evidentemente col trascorrere degli anni non migliorarono, infatti il Vicario foraneo, avendo il 20 maggio 1827 visitato Papaglionti per incarico del Vescovo, riferì che "la Chiesa è interamente disperata, e patita assai pel soverchio umido, il parroco disse che non è nel grado di farla rifare, perciò si potrebbero obbligare i procuratori de'Santi sulla raccolta che vi è presso di loro, a fare una tale operaz.ne"14.
 
 


Resti del castello Di Francia

Rendite e pesi della chiesa parrocchiale

Che il parroco del 1827 non era in grado di sostenere le spese di ristrutturazione della chiesa è vero, poichè anche il suo successore don Francesco de Luca nel 1881 rivolgendo istanza al Real economo Generale dei Benefici vacanti delle Provincie Napolitane, affermava "che la Parrocchia affidata alla cura di esso De Luca è meschinissima tanto che la rendita non può essere sufficiente al puro mantenimento di lui, al che si aggiunse la mancanza di stola bianca e nera per esser Papaglionti un miserabile villaggio di circa 130 abitanti poveri contadini, e dippiù sito in una vallata di aria malsana, anzi micidiale, ed esposto al pericolo di frane, come già cominciato"15.
Nello Statino delle rendite e pesi della chiesa parrocchiale di Papaglionti sotto il titolo di San Pantaleone martire in Diocesi di Mileto, Comune di Zungri, pel biennio 1885 e 188616, compilato dallo stesso don De Luca, abbiamo un accurato elenco dei fondi e lo statino delle famiglie che nel 1886 formavano complessivamente 138 persone.
I nomi dei fondi erano i seguenti divisi per: comune di Zungri: Cerasia Villozzo, Cerasia Pascolo, Basso S. Marco o orto di Luca, Serra S. Marco o Scalella, Simone o Pedicone, Cesare o Mancusa, Gagliardi, Salamò, Canneti, Rigonella, Piano dell'olmo o Mancuso, comune di Rombiolo: Paciulla, Purgatorio, Passo d'Accetta, Bandino, Vignale o Ganatusa; comune di Filandari: Spana o Clemenzia, Culuto, Siragò o Piraino. Rispetto alle rendite di altre parrocchie vicine queste di Papaglionti erano effettivamente basse e non crea meraviglia dunque che qualche famiglia più povera, si adattava in tutto e per tutto alla vita dei suoi parrocchiani e che quindi, oltre ai suoi doveri per la cura delle anime, si dedicava a coltivare le terre, produrre olio, pascolare il gregge, preparare ricotte e formaggi che, talvolta, vendeva nei mercati dei paesi vicini, ovviamente, con indignazione e disapprovazione dei suoi superiori17.
I tempi, vogliamo pensare, non erano maturi perchè l'apostolato si occupasse anche di queste cose e valorizzasse pastoralmente certi carismi!
 
 


Piazza deserta dell'antica Papaglionti




La S. Visita di Mons. De Lorenzo nel 1890

Il 10 maggio del 1890 il Vescovo De Lorenzo arrivò a Papaglionti attraverso la strada che il vecchio don De Luca così descriveva negli atti inviati alla Curia: "Sulla destra di chi corre la strada ruotabile che mena da Monteleone a Tropea, nelle vicinanze dello antico villaggio di Misiano, oggi detto de' Pioppi, inoltrandosi nel burrone vi è il paesello di Papaglioni, dipendente dal comune di Zungri, sebbene da questo paese disti abbastanza, e per vie difficili ed alpestri".
Il vescovo per arrivare in paese - scrisse il segretario nel verbale - "veiculo longe ab aedibus paroeciae, viarum difficultate, relicto, pedester usque ad ecclesiam devenit". La chiesetta si presentava "piccola, ma nitidissima. Ha una nave grande, e sul lato sinistro una nave più piccola, quasi un corridoio, che meni alla segrestia. Il pavimento è a lastrico quasi nuovo. Le pareti quasi nuove et imbiancate di fresco all'interno. La chiesa ha due porte delle quali solo la più piccola, si chiude a chiave da fuori. L'altare maggiore decentemente corredato è dedicato a S. Pantaleone, titolare e patrono della chiesa, ed è fornito della statua del santo chiusa in apposita nicchia. Ai due lati sono: l'altare della Vergine SS. della Grazia, con quadro ad olio, e quello delle anime del purgatorio. Vi sono le statue dell'Immacolata, di San Pasquale Baylon e di S. Giuseppe. Vi è il pergamo ed un confessionile, il battistero è anche di legno abbastanza buono con gli arnesi necessari. Il campanile ha due campane, che si suppongono benedette. Nella sagrestia vi è un bancone per conservare i sacri paramenti ed un tavolo perchè il sacerdote vestisse i sacri paramenti". I contadini erano per la maggior parte dipendenti del marchese Nicola di Francia di Monteleone" il quale ha in prossimità del paesetto una vasta casina ed una estesa possidenza". Quel giorno il Vescovo fece cinquanta cresime poi, nel tornare al luogo dove lo attendeva il veicolo per proseguire per Briatico, fu accompagnato devotamente dal popolo: "dum fideles, detecto capite et marianis prae manibus coronis gestantes nimia sequebantur veneratione"18.


Papaglionti. La famosa banda musicale diretta dal maestro Rombolà

Si benedice il Campo Santo e si costruisce per due volte la Chiesa

Il 12 febbraio 1896 moriva a Rombiolo, suo paese d'origine, il buon parroco Francesco de Luca che aveva retto la cura di Papaglionti dal 1877.
Veniva nominatodon Giuseppe Antonio Fiamingo nativo di Zungri. Questi lasciò alcune memorie nel registro parrocchiale19: nel 1900 si prodigò per la risistemazione del soffitto, "quantunque le mie deboli risorse non erano sufficienti mi sforzai ad ottenere la somma necessaria, onde fu costruito il soffitto che tanta decenza fece apparire nella casa di nostro Signore". L'8 dicembre 1901 col permesso del Vescovo fece la benedizione "con un ingresso trionfale" nel nuovo cimitero, accompagnato dalla confraternita e da tutto il paese. Nel mese di marzo 1905 il popolo decise di ricostruire dalle fondamenta la chiesa parrocchiale. Don fiamingo "fece trasportare il legname necessario a cuocere la fornace della chiesa. Nel medesimo anno, 1905, mese di maggio si scavarono i fondamenti, ed ai 24 detto mese si cominciò a fabbricare. Le fondamenta ebbero la profondità di 12 palmi con la larghezza di palmi 5. A 25 luglio anno medesimo fu compita la fabbrica della chiesa e coperta di tegole, e per costruire la chiesa dovetti sobarcarmi al peso di debiti pagabili da me a rate annuali... Compita l'opera mi studiava il modo come poterla abbellire, orgoglioso per aver edificato un tempio al Signore, ma i decreti divini non eran tali, tanto vero che la notte del 7 settembre 1905, verso due ore e più di mattina, suonava l'ora fatale della sventurata Calabria, in cui il flagello Divino del terremoto esaurì grandi e piccole città, facendo adeguare al suolo le migliori case come anche i tuguri del povero. Anche il nostro paese fu vittima della comune desolazione con case crollate, ma lode e gloria alla gran Madre di Dio, nostro protettore e santi, nessuna umana vittima..".
Per ricostruire nuovamente la chiesa, diroccata dal terremoto insieme alla casa canonica, il vescovo di Mileto Mons. Morabito generosamente diede lire 500 e il parroco aggiunse altre 50 che consegnò a Serafino e Domenico Fiamingo per iniziare subito i lavori.
Altri danni furono provocati dal terremoto del 1908, tanto che nel 1930 dall'ufficio dell'Opera Interdiocesana ricostruzioni chiese in Calabria, che aveva sede a Mileto, fu presentato un progetto per una nuova chiesa, approvato dalla Real Soprintendenza per l'antichità e l'arte nel Bruzio e nella Lucania, non fu però mai realizzato20.
 
 


I famosi Giganti di Papaglionti






La Pia Associazione del SS. Sacramento

Nasce con questa denominazione, approvata dal vicario Generale di Mileto il 13 marzo 1899, quella che poi diventerà la Confraternita "Corpo di Cristo". Lo statuto, datato 12 febbraio 1899, è composto di 31 articoli21. Aveva come scopo di educare gli iscritti nella pratica delle virtù cristiane, onorare i defunti associati "colle consuete pompe religiose", di suffragare per i defunti e mantenere fervida la devozione verso il SS. Sacramento. Dell'associazione potevano far parte anche le donne, senza però intervenire alle adunanze.
All'art. 9 leggiamo: "I vantaggi che gode l'associato sono: un rotolo di cera da ardersi durante le pompe funebri; essere trasportato in un tumulo decente, con l'accompagnamento del clero dalla casa alla chiesa e della sola associazione all'ultima dimora; una messa cantata presente corpore, il canto dell'ufficio e le altre messe basse". E all'art. 15: "Non gode alcun diritto l'associato sopranomato che muore per malattia causata dall'ubriachezza, disonestà o per ferite riportate in rissa, eccetto il caso della legittima difesa".
Divisa di ogni associato era un camice bianco, con cingolo nero e rosso secondo la circostanza, una mozzetta rossa, un cappuccio bianco e una medaglia con l'effigie del SS.mo applicata sul lato sinistro della mozzetta.
Tutta l'associazione era tenuta ad intervenire a tutte le funzioni solenni e alle processioni della Settimana Santa, del Corpus Domini, di San Pantaleone e dell'Immacolata.


San Pantaleone

Il sentimento religioso dei papagliontesi

Si racconta che quando, agli inizi di questo secolo, il vescovo Mons. Morabito si recò a far visita pastorale a Papaglionti esclamò al suo segretario: "questo paese è stato abbandonato dagli uomini, ma non da Dio. Guarda come pregano e come cantano!". i problemi che ha vissuto questo popolo sono molto più grossi della secolarizzazione e degli altri fenomeni che, a partire dall'Illuminismo, hanno messo in crisi la fede e con essa il senso della vita nelle città e nelle metropoli. E nonostante dure prove il cuore ha conservato e trasmesso genuinamente le poche ma essenziali certezze della vita: Dio, la famiglia, il lavoro.
Sebbene nel passato fosse geograficamente isolato e culturalmente arretrato, Papaglionti espresse nel campo ecclesiastico un segno di emancipazione e di apertura mediante alcune vocazioni sacerdotali. Abbiamo infatti la documentazione di almeno tre chierici nativi del luogo e che studiarono nel Seminario di Mileto: Francesco Barone che fece la prima tonsura nel 1770, Giuseppe Fiamingo ordinato sacerdote nel 1803 e Pasquale Fiamingo nel 185621.
Nella vita di fede, indubbiamente, anche oggi, realtà assai medianica è la devozione al Patrono san Pantaleone medico e martire, rappresentato da una statua lignea settecentesca, di cui i papagliontesi celebrano la festa solenne il 27 luglio, e ne ricordano il patrocinio la domenica più vicina al 5 febbraio, forse in ricordo della protezione del terremoto dal 1783. In preparazione a queste feste si celebra la novena, con preghiere e versetti, pubblicata insieme al racconto della vita del santo nel 1927 dal sac. Giovanni Battista Baldo, parroco di Mesiano ed economo curato di Papaglionti23. Nel vecchio paese per queste occasioni la chiesa era solennemente addobbata e c'erano, dipinte su cartoni, scene della vita del santo che venivano commentate durante le novene.
Il senso di responsabilità e di partecipazione alla vita della Chiesa è connaturato allo stesso sentimento religioso. Nel villaggio la presenza del prete era naturale e irrinunciabile, insostituibile nei bioritmi della vita collettiva e spesso unico riferimento per tanti problemi personali. Quando il parroco De Luca si ammalò, il "capo del popolo" si premurò di avvisare il vescovo, perchè mandasse un sacerdote per le celebrazioni liturgiche, scrivendo una breve lettera datata 15 dicembre 1895, che vogliamo qui riportare mantenendo e rispettando lo "stile" dell'autore - perchè già questo, per diversi motivi, è una significativa testimonianza -: "Eccellenza reverendissima, il paraco nostro si trova gravamente ammalato e non so agliscire alle fonzione chisiastiche e così il nostro popolo e rimasto senza messa nò soli il giorni di lavore ma anche tutti i Feste e perciò pregamo le eccellenza vostra di providire di uno sacerdoto noi attendiamo per fare li funzioni natalizie: la eccellenza vostra aveva otorizato la bate pirilli (= l'Abate Pirilli) di S. Marco esso non si rifotò di veniri ma però siccome si ritrova conomo con la arciprete nicolino non la permettito tutto il popolo di papaglionte vi bacia la mano e attendiamo questa grazia. Io Domenico Fiamingo Consigliere Comonale capo del popolo. Vi prego ancora, Vi bacio la mano"24.
Un'altra lettera è invece scritta, agli inizi di questo secolo, dal parroco Fiamingo il quale si lamentava col Vescovo perchè "in questa Chiesa di Papaglionti v'è il costume Domenica delle Palme, e forse Venerdì Santo, cantarsi da un secolare che, appena sa leggere, il Passio" e quindi chiedeva che si proibisse scrivendolo "in un pezzetto di carta ed affigerlo in chiesa", e concludeva: "perdonatemi, perchè i popoli son difficli ai tempi d'oggi"25. Ironia della storia: il parroco vietava - non sappiamo se con approvazione del vescovo - e scoraggiava la disponibilità e il desiderio di partecipazione attiva dei fedeli laici alle celebrazioni, due atteggiamenti che sarebbero diventati gli obiettivi principali della riforma liturgica voluta, a metà secolo, dal Concilio Vaticano II. Con buona pace di d. Fiamingo quel popolo più che "difficile" appariva, nel suo piccolo, profetico nello scrutare i "segni dei tempi". Avrebbe fatto meglio ad insegnargli a leggere.
L'ultima testimonianza che qui vogliamo raccogliere riguarda l'anno santo del 1925; ad futuram rei memoriam l'economo curato don Baldo annotava sul libro parrocchiale di questo paesino di campagna, cellula del Corpo Mistico che è la Chiesa: L'anno 1925 fu l'anno santo e a Roma si son versati migliaia di pellegrini di tutto il mondo cattolico.
La bontà del Sommo Pontefice papa Pio XI (Achille Ratti già cardinale Arcivescovo di Milano) ha esteso e voluto che il 1926 fosse l'anno santo e si godessero le grazie del giubileo in tutte le parrocchie affinchè non ne rimanessero privi quelli che non sono potuti andare nel 1925 a Roma.
Qui a Papaglionti il sottoscritto ha fatto in preparazione tutto il mese di ottobre in onore di Maria SS. del Rosario e gli ultimi tre giorni cioè 28/29 e 30 tenne il pergamo il padre Giocondo cappuccino - nelle tre sere si son fatte le visite alla chiesa dopo della processione e canto della litania di tutti i santi per le vie del paese.
Il popolo si accostò alla S. Comunione. Spero che il Signore abbia un giorno pietà di me, per la mia buona volontà e cooperazione per il pò di bene spirituale che s'è fatto. Si noti ancora che domenica 31 ottobre, essendo l'ultima domenica di ottobre, si è solennizzata per la prima volta la festa di Cristo Re, giusta la disposizione di Papa Pio XI. Papaglionti 1 Novembre 1926"26.
Storia povera di un paese povero, potremmo pensare. Ma non c'è mai una realtà povera che produca una storia povera, ci può essere soltanto una storia di povertà che diventa anch'essa, anzi soprattutto essa, maestra di vita.


Chiesa della nuova Papaglionti

Papaglionti oggi

E' formato da 43 famiglie, 120 abitanti. Il fenomeno dell'emigrazione portò tanti suoi figli nel nord Italia, Argentina, in Francia e in Australia.
Il nuovo Papaglionti è stato costruito dallo Stato e dalla lentezza burocratica tra i nostri anni '60 e '70, dopo che il vecchio, danneggiato dall'alluvione del 1952, venne dichiarato trasferibile27. Nella Pasqua del 1984 fu abbandonato il vecchio paese e tutta la popolazione si trasferì nel nuovo, più in alto, in collina. Sul terreno davanti all'ottocentesco palazzo di campagna dei marchesi Di Francia si vedono ora file di case ordinate e pulite, strade ben squadrate divise da aiuole verdi, al centro una grande piazza con piccolo monumento ai caduti, la chiesa parrocchiale dedicata a San Pantaleone e l'edificio scolastico. Sulla strada che porta a San Marco c'è un piccolo cimitero, anch'esso nuovo, qui, con tanta pietà, nel 1989 sono stati trasferiti pure i resti mortali dei papagliontesi riesumati dal campo santo ormai diruto che si trovava fuori dal vecchio abitato.
Ancora oggi la gente è semplice, accogliente e laboriosa, ama la terra che coltiva, benedice gli animali ed è legata alle tradizioni religiose.
Il folklore popolare e lo spirito dell'armonia di festa è dentro il cuore di questa gente, insieme al pane, all'olio e al vino, fileja, nacatole e soppressate, e a tutto ciò che ha il buon gusto del casareccio, non mancano infatti - e oramai rinomati per questo - i giganti di Papaglionti e il complesso bandistico San Pantaleone di cui è organizzatore e direttore il Sig. Giuseppe Rombolà, priore della confraternita "Corpo di Cristo" che ha sede nella chiesa parrocchiale.
Quando in estate qualche turista avventuroso passa da Papaglionti, perchè ha saputo di una certa villa romana o desidera meditare tra le case solitarie e tristi del vecchio paese, dice che qui c'è una ricchezza, sentendolo, un vecchio del villaggio un giorno esclamò tra sè: "ogni tanto Dio vuol far girare il mondo alla rovescia!".


Caratteristica dimora

NOTE
1  BARRIO G. Antichità e luoghi della Calabria, Roma 1737, trad. ital. Di Erasmo A. Mancuso, Brenner, Cosenza 1980, p. 254 ss; FIORE G.. Della Calabria illustrata, vol. 1, Napoli MDCCXLIII, tip. D. Roselli, p. 403. Cfr, anche VALENTE G., Dizionario dei luoghi della Calabria, Frama's, Chiaravalle C.le 1973, vol. II, p. 712; ALBANESE F., Vibo Valentia nella sua storia, Grafica Calabrese, Vibo Valentia 1974, vol. I, pp. 134-135; LOMBARDI SATRIANI R., Credenze popolari calabresi, De Simone, Napoli 1951, pp. 138-144; VALLONE F., Papaglionti, un paese...spaesato, in Pronto? Qui Calabria (1-15 febbraio 1990).
2  PUGLIESE F., Per la storia di un paese di Calabria, Zungri, con ricerche e schede su: insediamento rupestre di Zungri, Mesiano, Briatico Vecchio, Zambrone, Papaglionti, Aramoni, Calabria Letteraria Editrice, Soveria Mannelli 1991.
3  ROHLFS G., Dizionario toponomastico e onomastico della Calabria, Longo, Ravenna, 1974, p.226.
4  PENSABENE G., Cognomi e toponimi in Calabria, Gangemi, Reggio Calabria 1987, pp. 354 e 388.
5  Cfr. LUZZI V. F., Le "memorie" di Uriele Maria Napolione (sec. XVIII), Parte I. Memorie per la Chiesa Vescovile di Mileto, Laruffa, Reggio Calabria 1984; GAY G., L'Italia Meridionale e l'impero Bizantino. dall'avvento di Basilio I alla resa di Bari ai Normanni (867 - 1071) I, Firenze 1917. Rist. Arnaldo Forni, Bologna 1978.
6  Cfr. LENORMANR F., La Magna Grecia, paesaggio e storia. La Calabria, trad. A. Luciferi, vol. III, Frama Sud, Chiaravalle C.le 1976, p. 158ss; ARSLAN E. A., Ville e città romane in Calabria, in Magna Graecia, IX (1974), n. 9-10, p. 3; CRISPO F., in Archivio Storico per la Calabria e la Lucania, Roma 1938, p. 413; DE LORENZO A., Corografia storica dell'alto Mesima e dello Stato di Mesiano sul Poro, in Rivista Storica Calabrese (1902 - 1903); FRANGIPANE A., L'Arte in Calabria, p. 9,
7  PUGLIESE F., op. cit., p. 118.
8  Ivi, p. 115.
9  ASDM, Acta Pastoralis Visitationis, vol. II, f. 415.
10 ARUSSO F., Regesto Vaticano per la Calabria, Gesualdi, Roma 1974, voll. VI e VII.
11 ASDM, Acta..., vol. V, p. 484.
12 SACCO F., Dizionario geografico-istorico-fisico del Regno di Napoli, 1795-97, 4 voll.
13 ASDM, B/VI7V7915, cart. Papaglionti, fasc. parrocchia.
14  Ivi
15 Ivi, fasc. Clero.
16 ASDM, B/VI/V/915, cart. Papaglionti, fasc. beneficiali, fasc. Statistica.
17 Per un'analisi della figura del prete di campagna in questi ultimi secoli cfr. DE ROSA G., Vescovi Popolo e magia nel Sud, Guida, Napoli 1983, p. 321; DI LEO A., Parroci del Sud nel 700, in La Parrocchia nel mezzogiorno dal medioevo all'età moderna. (Atti del I Incontro Seminariale di Maratea 17 - 18 maggio 1977), Dehoniane, Napoli 1980; FOTIA M., Il clero meridionale e i suoi rapporti con le classi subalterne, in AA. VV:, Chiesa e società in Calabria nel secolo XX, Marra, Reggio Calabria 1978, pp. 303-310.
18 ASDM, Acta..., vol. 20, pp. 19-21 e 91-97. Il quadro ad olio della Madonna delle grazie, di proprietà del Marchese di Francia, è esposto, ora nel museo del Duomo di Vibo Valentia.
19 APP (Archivi Parrocchiale di Papaglionti), Libro Parrocchiale di Papaglionti dal 1877. Contiene in un unico volume la registrazione dei battesimi, morti, matrimoni fino al 1929, le pagine non sono numerate.
20 ASDM, Fondo ufficio tecnico-ricostruzioni, B/I/III/67 cart. Papaglionti. Cfr. Luzzi V. F., I Vescovi di Mileto, Pro Loco Mileto, Sciconi VV, 1983.
21 ASDM, Fondo Confraternite B/XI/II/25, cart. Papaglionti.
22 ASDM, B/VI/V/914, cart. Papaglionti, fasc. Ordinazioni.
23 BALDO G. B., Vita di San Pantaleone Medico e Martire, Protettore di Papaglionti e novena per la sua festa, tip. La Badessa, Monteleone 1927, rist. ed. O. G. G., Sciconi VV 1995.
24 ASDM, B/VI/V/915, cart. Papaglionti, fasc. Parrocchia.
25 Ivi.
26 APP, Libro parrocchiale.
27 Legge Statale del 28.03.1968 e Legge Regionale del 10.11.1975, n. 31.
 
 

 
 
PAPAGLIONTI
INDICE:
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|  Il perchè di un abbandono definitivo |