Affresco e interno della Chiesetta del Monte di Pietà
LA CHIESETTA DEL MONTE DI PIETA' con le sue pitture quattrocentesche a Tropea
di Pasquale Toraldo
Nella via che mena al Duomo, incorporata nel palazzo Vescovile è la chiesetta di Santa Lucia e del Monte di Pietà. L'esterno, povero e manomesso, nulla mostra di notevole, come la porta di entrata che venne aperta in uno dei tanti rimaneggiamenti, mentre l'antica è da ricostruirsi in quegli accenni che rinvengono nella parte d'occidente. L'interno attuale, metà di quello una volta esistente, misura m. 6,28 x 4,55 ed è coperto da volta a crociera. Dagli avanzi architettonici rinvenuti si deduce come a seguito di questa era un'altra crociera risultando l'edificio antico lungo m. 10. Le costole diagonali a profilo rettangolare leggermente smussato ed il robusto arco trasversale a profilo rettangolare si portano da colonne disposte in fascio per ricevere e accompagnare ciascuna l'andamento della corrispondente nervatura: non si può dubitare che questa parte della fabbrica sia opera di getto. Ricca e caratteristica è la pianta del fascio di colonne di cui una parte rimane nascosta da un muro posteriore e la base sfaccettata non seguendo tutte le sinuosità del fascio sommariamente lo circoscrive mentre i capitelli canestriformi sono formati di volute e di fogliame con intrecci, dagli abachi forti e ben profilati. Prende luce da una finestra aprentesi nella parte di settentrione e che non è l'antica.
Il vano della crociera distrutta venne diviso in quattro ambienti: il primo più grande è occupato dalla scala che mena alle camere del Monte di Pietà; un altro è una sacrestia posteriore; e il resto sono due bugigattoli, di cui in uno scendevano i pesi di un orologio sopra collocato e dell'altro non si sa nulla mancando una apertura per accedervi. Ma perchè questi rimaneggiamenti? Non si sa se anzi il 1599 subisse già dei danni, solamente in tal anno vennero fabbricati pel Monte dei Pegni i locali sopra la chiesetta per cura di Mons. Calvo. La lapide murata sulla porta ricorda come il 27 marzo 1638 portandosi la Vergine SS. di Romania in processione di penitenza si udisse, mentre sostava presso questa chiesa, una terribile scossa di terremoto che mentre distruggeva altre città calabre preservava Tropea. Non è ricordato se a prova di ciò rovinasse parte di questa chiesa, ma lo è molto probabile accennando a qualche cosa la tradizione. Nel 1779 il vescovo Paù la cedeva al Monte di Pietà e forse approfittando della parte rovinata costruiva quella scala per dargli accesso indipendente. Fu chiusa allora la parte antica di accesso e aperta quella nuova a settentrione nella prima crociera. In questa, nell'ottobre 1920, rinvenni, nelle pareti, tracce di pitture, che, come quelle di S. Demetrio sono coperte da intonaco. Sotto questo nella parte di oriente nella zona saggiata sono due strati di pittura. Nel superiore è una figura in costume cinquecentesco. Sotto questo strato di pittura è un altro di cui ho scoperto solo due figure, lasciando a persone dell'arte compiere l'opera: l'una nel centro in una riquadratura più grande ed una al lato sinistro in riquadratura più piccola composta di tre fasce colorate che nella parte centrale si arricchiscono di un disegno a mosaico. La figura a sinistra, la meglio conservata, perchè era completamente coperta dei due strati d'intonaco, rappresenta una donna i cui lunghi capelli sciolti sulle spalle ricordano quelli fatti da Benozzo Gozzoli, allievo dell'Angelico nel dipingere la Cappella Cesarini nella Chiesa dell'Araceli in Roma. Bello è il viso giovanile di questa santa coronata vestita di rosso che con la mano sinistra tiene un libro e con la destra una palma, connotati che la fanno rilevare una santa martire, forse la locale S. Domenica. La figura centrale è una Madonna in trono col Divino Figlio, che disgraziatamente poco si vede, mentre la madonna relativamente meglio conservata è di una fattura graziosissima. L'impostazione della figura, il volto gentile chinato alquanto verso il Bambino che tiene in grembo alla sua sinistra, la fattura della mano destra affusolata ed elegante, lo stile in genere con cui è condotta la pittura richiamano una Madonna di fra Giovanni da Fiesole, conservata a Firenze nella R. Galleria Antica e Moderna. Poco posteriore alla di lui morte, avvenuta il 1455, è l'anno 1486 rinvenuto nella riquadratura attorno che la fa ritenere opera di qualche suo allievo. Era allora vescovo di Tropea Giuliano Mirto Frangipane (1480-1499), Governatore dello Studio Napolitano e R. Consigliere, che fu <<delegato da Re Ferdinando I d'Aragona a comporre le controversie che si agitavano fra i Padri Domenicani, e Giovanni de' Leoni vescovo di Caserta>>. Lo stesso predecessore di Frangipane, il vescovo Pietro Balbi, che fu famigliare a Papa Nicolò V, che aveva chiamato a corte l'Angelico a dipingere una Cappella in Vaticano, probabilmente iniziò la decorazione di questa cappella, egli che arricchì il nostro vescovato del bel ciborio attribuito al Cividale. La scrittura greca difficile a interpretare, ch'è presso la Madonna ricorda, come nel ciborio, la passione del Balbi pel greco idioma. Tutto concorre perciò a far ritenere questa pittura opera di un allievo del Beato Angelico, ma a chi in modo determinato devesi attribuire non si può dire, per ora basti poter concludere come la tecnica del lavoro e i vari personaggi altrimenti la fanno ritenere opera della scuola dell'Angelico, tenendo presente come poco prima nel 1480 i PP. Predicatori aprissero a Tropea un convento sotto il titolo di S. Maria delle Grazie, ch'è appunto la Vergine dipinta in questa cappella e che ai primi di quel secolo era vescovo di Tropea il B. Giovanni III de Dominici del medesimo ordine dei PP. Predicatori e contemporaneo dell'Angelico. Nella parete della porta rinvenni un'altra figura cui la finestra aperta posteriormente ha troncato la testa. Per opera posteriore alle altre. E' una santa, forse S. Domenica, con palma di martirio nella mano sinistra, e attaccati a una catena ha dei leoni, e con la destra protegge un personaggio prostrato al suo fianco. Disgraziatamente nessuna memoria si conserva degli artisti che si successero nella decorazione di questa cappella, ch'è stata un vivo cenacolo di fede per più tempo, nè dell'epoca della sua fondazione. Non avendo documento scritto conviene argomentare indirettamente. Nei grossi costoloni diagonali e nel massiccio arco trasversale di profilo rettangolare si possono ravvisare i segni di un'arte primitiva e ancora incerta, la quale di fronte ad una novità costruttiva prende larghe precauzioni e si mette al sicuro. Le colonne alquanto tozze, gli ornamenti dei capitelli canestriformi, tutto è ancora prettamente bizantino; ma la crociera dell'ogive apparisce bell'e formata. Ma quale data si possa assegnare a queste volte è un punto che conviene chiarire, perchè esse acquistino un valore nella storia dell'arte gotica. Queste forme arcaiche la fanno ritenere di molto anteriore a due altre costruzioni gotiche pure in Tropea del secolo XIII ove la tecnica costruttiva appare già evoluta. La profilatura dell'abaco dei capitelli ha di quella dei capitelli della Cattedrale di Ruvo (Puglie) del XII sec., ma meno fine. Tutto concorre a ritenere questa costruzione del XI sec. o al più dei primi del XII, fatta a cura forse dei Normanni. Dell'attività costruttiva di questi nei dintorni abbiamo documenti sicuri quali la Badia alla SS. Trinità di Mileto (1063) e la riedificazione della vicina Nicotera (1065). In quel torno di tempo (1062) Tropea accolse ospite dell'ultimo Vescovo greco Calochirio la moglie di Roberto il Guiscardo fuggita dal castello di Mileto assediato dal conte Ruggero. In riconoscenza di ciò il Duca con diploma del 1066 confermò ed accrebbe i domini del Vescovado tropeano. Fu allora forse il tempo della costruzione di questa chiesa edificata probabilmente per lo scampo ottenuto da Sichelgaita che qui presso ebbe stanza nel palagio vescovile. Il novello stile fu plausibilmente introdotto dai Benedettini che in Tropea ottennero allora un cenobio ricordato nella porta bronzea di Montecassino dell'abate Desiderio (1062), donazione confermata poco appresso da Ruggiero nel 1090. L'orientazione a levante venne quindi per prima applicata a questa chiesetta che sta a segnacolo del cambiamento di rito dal greco al latino.