Fig. 1 - Veduta rarissima di quello che rimaneva del Castello di Tropea qualche tempo prima del 1876, anno in cui ne fu ultimata la demolizione.
IL CASTELLO DI TROPEA Un ipogeo cristiano ritenuto distrutto nel cimitero di Tropea
di Pasquale Toraldo (1935)
Fig. 2 - Sezione della "Torre Lunga" e del cubicolo.
La notizia data da mio padre Felice Toraldo a De Rossi sulla totale e completa distruzione anche di questo cubicolo è esatta? Non lo credo. Credo invece che dalla vandalica distruzione fu casualmente escluso questo cubicolo che potè essere incorporato nel palazzo che contemporaneamente veniva edificandosi in luogo del castello. Fu una felice coincidenza aver trovato proprio questo cubicolo sotto la torre, in quanto questa fu l'ultima ad essere demolita, quando già nell'animo del Toraldo era subentrata alla primitiva ira, una specie di stanchezza e di pentimento per il grave dispendio a cui era andato incontro quasi inconsciamente. Smise, quindi, il Toraldo di fare distruggere il resto della roccia che rimaneva ancora, e che era appunto quella in cui si trovava il cubicolo che fu così fortunatamente salvo. La sua posizione, la sua grandezza, la sua orientazione ne permise forse la vita, l'incorporazione nella nuova fabbrica. Riesumando con mio padre i suoi vecchi appunti giovanili che gli servirono di scorta alla relazione che nel 74-75 fece al De Rossi per il suo esame e studio sulla necropoli cristiana di Tropea, e servendoci di vecchi schizzi planimetrici sia del vecchio castello che veniva distruggendosi, come di quelli del palazzo che stava edificandosi in sua vece, corroborando tutto e completando con i ricordi ancor vivi che ne aveva mio padre, ci è stato possibile eseguire una pianta complessiva di tutto abbastanza esatta. Con questa pianta che esibisco a figura 3 è possibile addivenire alla conclusione di quanto sto per dire.
Fig. 3 - Pianta del Castello con sovrapposizione del Palazzo Toraldo. Leggenda Mappa: 1. Ripiano donde si partivano la scala A conducente al maschio del castello; la scala B che scendeva al sotterraneo circolare scavato nella roccia; la scala C che saliva alla Chiesetta di S. Maria del Bosco; 2. Antico arcosolio nascosto dalle mura del castello; 3. Pozzo con graffiti 4. Altro pozzo 5. Torre Lunga 6. Cubicolo 7. Tombe cristiane all'aperto sul pendio della roccia P. Palazzo Toraldo.
Dopo pochissimi giorni dall'aver potuto tracciare questi disegni mio padre colpito da fierissimo morbo veniva, ancora tutto pieno di vita, rapito al mio affetto, alla mia venerazione. E' stata gran ventura aver potuto fermare sulla carta e disegnare sotto la sua guida questi schizzi, che stimò precisi per il vivo ricordo che ne aveva. Ed essi sono preziosi, oltre che per me perchè dettati proprio da lui e attestanti, quindi, quasi testamento, la sua passione per l'arte, anche per la storia tropeana. E' passato poco di un decennio da che furono fatti ed io non mi sono ancora permesso farvi qualche lieve ritocco appunto perchè privo della guida preziosa di lui, che fu l'unico appassionato e vero osservatore di quanto si è andato distruggendo. Dopo questa doverosa, affettuosa parentesi, continuiamo con la guida di questa planimetria nella nostra analisi. ll castello tropeano ergevasi e circondava con le sue mura un ammasso di m. 50 x 70 circa che elevasi da 9 a 15 metri di altezza sull'attuale livello stradale circostante. Quasi tutto questo ammasso roccioso fu sbancato a furia di mine come ho già detto. Ne fu salva solo una piccola parte che venne incorporata nel nuovo palazzo, di modo che due sue stanze del secondo piano, e cioè a m. 9 e mezzo dal piano stradale, risultano a piano terreno, essendo sotto di esse un ammasso pieno roccioso, e queste stesse stanze risultano, una per lo meno, completamente scavata nella viva roccia. Se confrontiamo la planimetria del vecchio castello e quella del palazzo, risulta che quest'ultimo vano corrisponde presso il limite nord della base della "torre lunga". Sia mio padre (1860 - 1924), allora, che i vecchi cavatori di pietre che lavoravano al diroccamento di questa torre, dei quali qualcuno è ancora superstite, confermano queste adiacenze. Dico subito che questo vano roccioso ed il cubicolo cristiano, rinvenuto presso la torre sono la stessa cosa, che nell'uno dobbiamo identificare l'altro. Nella smania di distruzione che aveva invaso allora il mio prozio Carlo Toraldo, forse trovò parziale scampo questo prezioso cubicolo appunto perchè poteva venire incorporato a quanto stava contemporaneamente edificando. Nè ciò ci sorprende perchè anche in altre case sorte sul posto delle vecchie mura di cinta di Tropea, risultano incorporati parecchi avanzi delle mura stesse. Ne esibisco a figura 4 un tipico esempio.
Fig. 4 - Vecchie mura incorporate in fabbriche posteriori.
Nè il De Rossi afferma in modo sicuro, facendo sue le notizie dategli dalla f. m. di mio padre, che l'intero cubicolo venisse completamente distrutto; solo riferisce che quando mio padre giunse sul posto della interessante scoperta era già distrutta l'intera volta che copriva il cubicolo e che si vedevano tracce delle pitture che l'adornavano. Ho perciò la ferma convinzione che la distruzione si limitasse alla sola volta, e che il resto venisse casualmente salvato per quanto ho sopra detto. Nè mi pare possibile che il Toraldo facendo distruggere il cubicolo, facesse poi scavare nella viva e compatta roccia il vano che stiamo analizzando, quando già era stanco ed aveva deciso di non più dilungarsi nel pazzesco sbancamento della roccia. Questo vano, quindi, che nell'ultimo riattamento da me fatto nel 1933 ho trasformato in cappella, non è altro che il vecchio cubicolo sepolcrale cristiano del IV secolo di nostra redenzione. Esaminiamolo un pò attentamente. Misura m. 4 x 5 cioè quasi di forma quadrata come appunto scriveva la f. m. di mio Padre a De Rossi poco dopo il suo rinvenimento, ed ha le pareti di oltre un metro di spessore tutte di roccia. Nel lato corto è oggi una porta quasi nel mezzo, in uno dei lati lunghi sono due porte verso gli angoli e nell'altra un balcone in corrispondenza d'una delle porte. Viene spontaneo riconoscere in questi vani trasformati in apertura il luogo degli antichi arcosoli che accoglievano le venerate salme di Monsis Presbitero, di Leta Presbitera, e di Irene conductrix della "massa tropeiana" di cui furono qui rinvenute le tre epigrafi graffite su grandi lastre marmoree le cui dimensioni di larghezza corrispondono approssimativamente a quelle di questi vani arcosoli. Il cubicolo era incavato completamente nell'ammasso roccioso e prendeva aria e luce dal lucernario posto in alto lateralmente. A riepilogo di questa indagine offro a figura 5 la pianta del cubicolo. Quando curai un certo parziale rifacimento della mia casa non pensavo a questa possibile identificazione, altrimenti vi avrei tentato un saggio sotto l'intonaco curato da Carlo Toraldo. Speriamo che possa offrirsi presto occasione e così scoprire traccia delle decorazione pittorica che adornava il vecchio cubicolo. Il resto del cimitero cristiano estendevasi all'intorno all'aperto, e non sotto terra come erroneamente classifica il Grossi Gondi nei suoi trattati di archeologia cristiana. Può anche darsi che adiacente a questo cubicolo ve ne fossero altri, ma per il momento non ci risulta. Si ha solo ricordo che nel diroccamento del castello siano venuti in luce gli avanzi di un'altra costruzione sacra: una piccola Chiesetta pure essa del IV secolo il cui ricordo però è stato sempre tramandato dagli storici sotto il nome di S. Maria del Bosco.
Fig.6 - Basilichetta cemeteriale (Santa Maria del Bosco). 1 - angolo leggermente divergente; ivi sotto vari strati di lastrico è stata rinvenuta una tomba cristiana vuota. 2 - avanzi di altare volto a oriente tra cui furono trovate piccole ampolline di vetro.
Essa però è stata completamente distrutta. La roccia che la sorreggeva è stata interamente sbancata. Ne dò a figura 6 l'esatto rilievo. Nelle sue piccole dimensioni ha la stessa planimetria di molte costruzioni sacre dei primi secoli. La distruzione operata da Carlo Toraldo fu la più dannosa per il corpo maggiore del cimitero cristiano, chè altro primo grave e sacrilego colpo l'ebbe da Belisario nel VI secolo, quando diè inizio alla costruzione del castello Tropeano. Un'epigrafe cristiana recentemente rinvenuta fra la muratura che recingeva alcune tombe arabe del IX secolo, in vicinanza di Tropea, ci dimostra l'asserto di una prima vandalica manomissione del nostro cemetero cristiano. Un'altra prova si ha in un frammento marmoreo ritrovato nel diroccamento della stessa torre lunga. Trattasi di una specie di base attica di colonna con il centro completamente vuoto sin quasi la modanatura. Nella vecchia torre fu adibito ad incorniciare un tondo di una finestruola. Non fu questa certo la sua origine e la sua naturale destinazione. Sicuramente risultò dalla prima devastazione degli edifici cristiani che abbiamo accennato. Non è possibile di stabilire con certezza a quale uso abbia servito; forse era l'apertura di una conserva d'acqua. Bisogna rilevare una particolarità nella disposizione interna del cubicolo esaminato. Nella descrizione minuziosa che ne faceva mio Padre al De Rossi notava che il pavimento verso il mezzo di uno dei lati corti presentava una conca rotonda di circa un metro e mezzo di diamentro, scavata alquanto più bassa nella stessa roccia e lastricata dallo stesso impiancito come il resto del cubicolo. Non sembra esclusa l'ipotesi, che questa conca abbia servito per il battesimo per immersione, di modo che il cubicolo in epoca posteriore poteva servire come battistero. Durante i recenti lavori al Duomo Tropeano, che ritengo costruito sulla primitiva "domus Dei et Ecclesiae", rinvenni nelle sue prossimità le fondazioni di un edificio circolare internamente e poligonale esternamente, che ha tutto l'aspetto di un antico battistero, forse quello costruito in sostituzione del primo. Questo secondo doveva essere ancora in piedi fin oltre il 1200 quando venne costruito quel porticato ogivale che l'unisce al Duomo. Ora, ritornando all'epigrafi già note, crediamo riconoscere in quella appena accennata dal De Rossi, col n.6, e quasi la più rozza fra le rinvenute, certo la meno corretta di grafia, quella di un tale Fortunio, portante incisa una specie di mazzuolo che fa pensare che l'umile fossore e scalpellino di questo cubicolo sia stato proprio il Fortunio. Non v'ha dubbio che dalle arti maggiori trassero ispirazione quelle minori. Così pensiamo che l'umile modellatore delle lucernette fittili di cui ho già dato notizia in altro lavoro per aver rinvenuto il suo laboratorio e le sue fornaci, e che perciò non possiamo ritenere oggetti d'importazione, traesse motivo per le sue decorazioni dai modelli che vedeva nel cubicolo. Così dalle sue piccole opere che pensiamo copie di quelle pitture, possiamo argomentare che cosa contenessero gli affreschi che non si potettero osservare per la fretta con cui furono forse distrutti. Addito ad esempio una bella lucernetta fittile con grosso monogramma costantiniano. Fo a questo punto osservare che nelle nostre lapidi non abbiamo mai trovato questo monogramma, invece vi abbiamo trovato la croce monogrammatica, talvolta semplice, talvolta ripetuta e accompagnata dalle lettere Alfa e Omega. E' stata pure osservata in modo tutto particolare dal De Rossi una nostra lapide con detta croce ripetuta ben sei volte. Il significato di questi monogrammi è a tutti noto. Il ritorno alla luce di questo nostro prezioso cubicolo cristiano, che erroneamente si riteneva perduto per sempre, allieterà con me tutti i cultori di archeologia cristiana, specialmente per la scarsezza di simili ricordi paleo-cristiani in Calabria. Il rinvenimento della necropoli cristiana in Tropea fu accolto con vivo giubilo nel secolo scorso quando se ne scopersero le tracce, ma contemporaneamente se ne deplorava la distruzione. Fortuna volle che se ne salvasse questo cubicolo che ne costituiva la parte più importante. Attiri ora esso l'attenzione degli studiosi: a me resta la soddisfazione di averlo nuovamente scoperto e additato loro nei particolari superstiti.